venerdì 22 gennaio 2016

Il libro della giungla

Quattro anni dopo, un'altra produzione che vede Disney prediligere la fonte del romanzo anzichè quella delle favole, complice anche il successo del precedente La spada nella roccia. Tratto dalla raccolta di racconti pubblicata tra il 1893 e il 1894 da Rudyard Kipling, il film ricevette le critiche del Times per l'assenza dei valori dell'opera originale. La casa di produzione intuisce che utilizzare animali a cui attribuire sentimenti e comportamenti umani piace molto al pubblico e, come aveva imparato con Bambi e ripeterà per altri cartoni a venire, osserva attentamente la vita di tigri, serpenti, orsi, pantere, lupi, elefanti e scimmie per renderli più credibili.
Ma passiamo all'analisi che ci preme. I personaggi femminili sono rari e marginali, ma è molto interessante la figura di Mowgli se confrontata con quella di un altro personaggio che vive avventure straordinarie e solitarie, quell'Alice che in sogno arriva al paese delle meraviglie.
Tra i due film corrono quattordici anni e una costruzione dei protagonisti attenta ai ruoli sessuali. Tanto per cominciare, Alice è desiderosa a tal punto di abbandonare la sorella e le noiose letture, seguire il coniglio e assecondare la sua curiosità da soddisfarlo in sogno. E come altro avrebbe potuto emanciparsi dal contesto familiare e domestico? E' felice di scoprire che non esiste una regina che le dà una caccia e ritrovare la noiosa eppur rassicurante sorella che le prepara il the. Mowgli invece è predestinato all'avventura e alla vita selvaggia, ci si trova a meraviglia ed è il placido e civile ritorno al villaggio a destabilizzarlo.  Sarà un caso che la bambina viva in sogno fantastiche avventure come evasione da una realtà per nulla eccitante e il bambino libero e ribelle in compagnia degli animali della giungla? Vi immaginate Alice al suo posto a giocare con i lupi, affrontare bestie più o meno feroci e farsi insegnare da Baloo a tirare di boxe? 


In secondo luogo, il carattere: Mowgli è uno dei personaggi più antipatici e arroganti visti fino a ora, insolente, ostile, cocciuto come tutti i bambini intorno alla prepubertà (ne sa qualcosa un'aspirante educatrice) e giustificato da un cambiamento difficile da accettare. Scazzato come pochi, tratta con mal creanza tutti quelli che gli si avvicinano e continua a ribadire la sua indipendenza e il suo coraggio, spavaldo anche a costo di fingere. In compenso, ride e sfotte elefanti polemici e serpenti goffi. Difficile che, almeno fino ai nostri anni, una bambina o un'adolescente Disney gli assomigli: non piacerebbe e certo non sarebbe un buon insegnamento per la "naturale" dolcezza e condiscendenza femminile.
Persino Pinocchio, nelle peggiore avversità, conservava ingenuità, speranza e non perdeva neanche il sorriso, mentre il cucciolo d'uomo sfodera il peggio del suo carattere nel timore di essere considerato un bimbetto bisognoso di protezione e allontana tutti,  esasperato dalle attenzioni. Certo il fatto di essere cresciuto come un animale ha un peso e non è un caso che sia un ragazzino: vi immaginato una sorta di Pippi Calzelunghe ribelle e insolente?


Mowgli non arretra nemmeno davanti alla tigre e, sebbene spalleggiato dai suoi alleati, combatte con rabbia e determinazione fino a mettere in fuga Shere Khan con la coda in fiamme. Scene a cui di solito assistiamo nell'affronto finale tra eroe e personaggio negativo, mentre la principessa dorme, è rinchiusa in una torre o viene trascinata via supplicante. Al contrario, per quanto spesso frema (legittimamente) d'indignazione e non risparmi risposte impertinenti, Alice è formata da una rigida educazione che la costringe a fare inchini, mostrarsi paziente e disponibile, sorridere, applaudire e andarsene di soppiatto, scusarsi se mangia o parla a sproposito. Al di là di personaggi che la spingono alla pazzia o al pianto, l'unico, vero nemico di Alice è la regina, con cui non si può negare mostri una certa dose di coraggio e arrivi persino a insultarla, ma sappiamo tutti che si vede costretta a scappare da una folla informe e inferocita. 


Torniamo all'inizio della storia e agli stereotipi striscianti. Per esempio, Baghera dà per scontato che la madre non potrà che accogliere il bimbo e parla di istinto materno, mentre nutre qualche dubbio sul padre. Intanto, questa panzana dell'istinto materno viene perpetrata da secoli ai danni delle donne ed è ora di finirla, ma poi cosa dovremmo dedurne? Una donna non potrà che essere felice di una gravidanza inattesa mentre il padre potrebbe storcere il naso? C'è gente che ancora la pensa così e lo insegna pure ai bambini. Quando il consiglio dei lupi si riunisce, ci sono solo maschi a decidere per il futuro di Mowgli. Ma dai? 


E poi annotiamo la presenza di Guendalina, personaggio che ispira simpatia e soldarietà perchè accoppiata a un elefante rappresentato come un povero imbecille, che invece di godersi la vita porta un plotone di soldati a marciare tutto il giorno e mette la disciplina anche davanti alla famiglia, pretendendo dalla compagna che si comporti come un militare. Come si può prevedere, Guendalina non ne giova granchè e passa le giornate a lamentarsi, come una qualsiasi massaia stanca della vita domestica, ma incapace di alzare la testa. Lo farà in un solo momento, quando Baghera chiede aiuto per ritrovare Mowgli e il colonnello se ne infischia: per amor di madre, disgustata dal suo egoismo, lei lo raddrizza per bene. Ma le femmine in Disney non possono che essere madri e ribellarsi in nome dell'amore materno? (almeno si sono risparmiati i ciglioni da gatta seducente). Cos'è, destino biologico o un marchio di infamia? Minacciato dalla possibilità che Guendalina prenda il suo posto, l'elefante acconsente e organizza la ricerca. Le bambine apprenderanno quanto sia umiliante e remota per un uomo l'ipotesi che una donna possa occupare ruoli di comando e dare loro degli ordini. Già che siamo in argomento, non è agghiacciante che gli animali parlino di matrimonio?


L'altro personaggio femminile, marginale ma fondamentale per l'epilogo della storia, è la bimba del villaggio che lo convince a seguirlo, all'inizio destando la sua curiosità, poi seducendolo con movenze e sguardi che poco hanno a che fare con l'infanzia: ennesimo stereotipo della femminilità seducente a tutti i costi. Mowgli, rozzo e bestiale, non può che rimanere affascinato, secondo la concezione insana di chi l'ha scritto, da una ragazzina agghindata e pettinata, stolta vanesia che si specchia nell'acqua e sistema i capelli, civettando senza sosta. Non parliamo poi dell'avvertimento cameratesco e misogino di Baloo: lascia stare, quelle portano solo guai, lo stolido frasario dello scapolo d'oro. Il colpo da maestro, però, è il motivetto che la fanciulla canticchia:

Mentre a caccia va mio padre mamma in casa a cucinare
Io che ancora son piccina alla fonte devo andar
Devo andare a prender l'acqua finchè grande io sarò.
Ma un giorno avrò un buon marito e una figlia anch'io avrò
La manderò a prender l'acqua e in cucina io starò

Che dire? Un'espressione di fantasia patriarcale che si commenta da sola. Chi lo spiega agli spettatori di oggi che la favola è ambientata in India più di un secolo fa? Che non è inevitabile che le ragazze si sposino e facciano dei figli, o che passino la vita in cucina e tramandino alle generazioni future questa vita ignobile? O che il concetto di evoluzione sessuale e culturale in Italia è molto relativo? 
E' chiaro che lei voglia tirarselo dietro e non trovi di meglio che il trucchetto della brocca rovesciata talmente goffamente da farsi sgamare anche da Baloo e Baghera, che incoraggia questi giochetti seduttivi gongolando come un matto. Conclusione: l'unico modo per fargli capire che il suo posto è tra gli uomini è usare una bambina caruccia che fa il verso alle prostitute minorenni asiatiche. Mi sembra educativo.. 


Ultimo appunto, che esula dalle feroci analisi di genere: gli avvoltoi beatlesiani sono adorabili, nonostante l'elegante rifiuto di Lennon di partecipare al doppiaggio: non c'è nessuna possibilità che i Beatles cantino per quel cazzo di Topolino. 


Poco meno di quarant'anni dopo ecco immancabile il sequel.
Anche negli anni '00 Disney dimostra di non aver fatto grandi passi avanti: finchè non c'è ombra di personaggi femminili di rilievo, va tutto bene, diversamente.. Stereotipi in agguato. 
Mogwli e la sua nuova amica Shanti, che l'ha condotto al villaggio, ricordano Peter Pan e Wendy nella definizione del mondo con cui si relazionano: lei è più in gamba e meno ingenua della dolce bambina in camicia da notte (e ci mancherebbe altro), ma in maniera analoga è legata al contesto domestico, dove aiuta i genitori prendendo l'acqua al fiume e raccogliendo frutta dagli alberi (per tacere delle faccende in casa che ci sono risparmiate). L'ex cucciolo d'uomo ha l'attitudine libera e avventurosa dell'eterno bambino (e la stessa simpatica testa di cazzo). Vive seguendo il suo istinto, senza regole e incurante dei pericoli; è Shanti a sentirsi responsabile per la sua sicurezza, ricordandogli i rischi della giungla, mentre bada anche al fratellino minore, che come Gianni e Michele è affascinato dalla vita di gran lunga più eccitante che conduce il nuovo amico.


Analizziamo insieme qualche scena del film per capire le dinamiche insane che si instaurano tra questi personaggi e i messaggi fuorvianti che insidiano il nostro consueto giovane pubblico.
Perfino il piccolo Ranjan ha già fatto il suo il concetto che una donna esercita su un uomo una persuasione magnetica con il solo sguardo, e l'intera famiglia ride delle scherzose accuse che il papà rivolge alla mamma e Mowgli a Shanti: il loro potere seduttivo avrebbe convinto il primo a sposare la mamma e il secondo a lasciare la giungla. E' difficile convincersi che sotto sotto non siano tutti convinti che il valore di una donna risiede nella capacità di esercitare questo potere per tenersi un uomo.
Il giorno dopo Mowgli e Ranjan vogliono attraversare il fiume ed eludono la sorveglianza dei genitori gridando che vanno a giocare. Nonostante sia l'alba, Shanti è già operativa e si incammina nella stessa direzione con la sua brocca: evidentemente per lei il divertimento non è contemplato. In tutto il film Shanti gioca in un paio di scene, mentre lui è impegnato per la maggior parte del tempo nell’attività più normale per la sua età, sia al villaggio che nella giungla.
Il cucciolo d'uomo si sente limitato dai confini, ha bisogno di raggiungere gli spazi aperti della giungla. Allo stesso modo, la ragazza è al sicuro nella dimensione del piccolo e rassicurante villaggio e ha paura degli animali feroci che potrebbe incontrare là fuori. E' solo il timore che Baloo abbia rapito Mowgli a farle trovare il coraggio per attraversare il fiume. Persino il fratellino ha maggiore spirito di avventura: si rallegra di trovare una tigre davanti a casa e più tardi la salva dalle grinfie di Ka, bastonandolo allegra mentre lui ipnotizza la sorella. Insomma, tutto questo istinto di protezione verso qualcuno che sa difendersi meglio di lei.. La caratterizzazione di Mowgli e quella di Shanti vorrebbe spacciarsi per legittima riconducendo la personalità tanto diversa dei personaggi all'ambiente in cui sono cresciuti; non a caso, è il maschio a essere vissuto in libertà, sviluppando coraggio e spirito di avventura.


Per perorare la causa del maschio insofferente alle costrizioni e a una convivenza civile con i suoi simili, il bambino si lamenta delle regole che vorrebbero imporgli: lavarsi, vestirsi, riordinare, pulire.. Tutte cose che uno spirito indomito mal sopporta, ma che una bambina accetta di buon grado come parte della sua educazione.  
Anche in questo film, pur trattandosi di personaggi che non dovrebbero ancora conoscere sessualizzazione, Shanti è disegnata in maniera tale da risultare attraente: grandi occhi, un vitino nudo sotto la maglietta, labbra carnose e lineamenti delicati. Al contrario, Mowgli è pelle e ossa con una zazzera irregolare, niente in lui fa pensare a un personaggio piacevole da guardare: è semplicemente un bambino che non deve soddisfare nessuno standard estetico, quella stessa libertà che andrebbe riconosciuta a Shanti. 
Tuttavia, il problema più grande di questa protagonista è a mio parere l'apprensione nei confronti di Mowgli: è profondamente maschilista aspettarsi che sia lei, un bambina e per di più coetanea dell'amico, a dovergli fare da crocerossina o da madre. Sono i sensi di colpa nei confronti di qualcuno che non si è mai curato dei sentimenti altrui ad animarle un attitudine materna. Nel frattempo, proprio come patriarcato insegna, il suo amico parla di lei a Baloo come due uomini parlerebbero di donne al bar: negando i propri sentimenti, come fossero sintomo di debolezza. L'orso lo incoraggia, prendendosi gioco della sua ritrosia, con tutto l'interesse a screditare Shanti per fare in modo che il bambino resti con lui.   


Se si osservano i comportamenti dei due personaggi principali, è evidente come quelli femminili siano guidati dall'altruismo, quelli maschili rispondano a bisogni e desideri personali. E' lodevole questa preoccupazione per il prossimo, ma il rischio è quello di proporre un esempio privo di amor proprio, di un briciolo di sano egoismo, incapace di provvedere alla propria felicità: una specie di martire dell'abiezione. Per quale motivo, poi?
Tutto il coraggio che Shanti dimostra è sempre generato dall'apprensione per l'incolumità di qualcun altro: si addentra nella giungla da sola per cercare Mowgli, convinta sia in pericolo, e prende a pugni Baloo credendolo un animale feroce, minacciandolo perchè non tocchi il fratellino. E se avesse aggredito lei? Mowgli, al contrario, si preoccupa per i suoi desideri (rimanere al villaggio o tornare con papà orso?) e cerca di dargli soddisfazione. Solo verso la fine della vicenda, quando lei e l'amica sono in pericolo, si rende conto di quanto tenga a Shanti e rischia la vita per aiutarla.
Una bambina iper-responsabilizzata che si comporta come un adulta non è un modello positivo per le bambine all'ascolto, soprattutto se fanno un raffronto con la sua controparte maschile, esuberante, capricciosa e spericolata, e decidono di ricavarne delle conclusioni.  

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