Nel 1959 Disney produce il film
più costoso fino a quel momento, ispirato alle fiabe di Charles
Perrault e dei fratelli Grimm. Sarà un fiasco di pubblico ma col tempo diventerà un grande classico, come Alice nel paese delle meraviglie. La
storia ricorda per diversi aspetti quella di Biancaneve e i sette
nani, perchè diversi spunti all'epoca scartati vennero riconsiderati
per questa produzione. Cartone sorpassato, stolido e dannoso che si
dovrebbe vietare con un editto bulgaro, intento a enfatizzare valori
morali femminili quali la pazienza e la passività. Passiamo
all'analisi.
Tanto per cominciare, le povere principesse Disney
sono sempre oberate da mille costrizioni: costrette a subire le
angherie di donne invidiose, la gelosia e la possessività dei padri,
andare spose a sconosciuti ed essere trattate come dementi
incapaci. In due parole, private dell'indipendenza e
dell'individualità. E' umano e lodevole che coltivino il desiderio
di essere libere e felici, peccato che si realizzi sempre tra e
braccia di un uomo, per di più bello, nobile e romantico. Pessimo
messaggio da interiorizzare: da sola non valgo nulla e vivrò sempre
all'ombra della protezione maschile.
Aurora non ha il
tempo di nascere ed è già condannata a morte. Saranno le fatine a
proteggerla e l'altissimo senso di protezione le spingerà a
trattarla come una deficiente, incapace finanche di scambiare quattro
chiacchiere nel bosco senza cacciarsi nei guai. Insomma, diciamocelo, una vita
di merda. Alla fine di tutto un percorso di stenti e sofferenze,
arriva un principe da chissà dove, che nel frattempo si era
bellamente fatto i fatti suoi senza restrizioni di nessun tipo e
pretende tutto il merito della salvazione.
Da nullità qual è, Aurora non
può pensare di salvarsi da sola: il suo destino dipenderà
dall'amore, quindi dall'intervento del maschio. Benedetta
emancipazione. Ma torniamo al principio del film e vediamo i personaggi nel dettaglio.
La regina è una povera
sciacquetta insignificante di cui non si preoccupano di dirci nemmeno
il nome, al contrario del re che ci viene subito presentato come il
buon Stefano. Fa da accessorio accanto al re, oppure piagnucola e nei
momenti di panico lo guarda come a cercare risposte alle sue paure.
E' al re che tocca incazzarsi con Malefica quando condanna Aurora a
morte -lei ovviamente si dispera- ed è sempre lei a piangere quando
Aurora nel lieto fine torna a casa, mentre il padre le carezza i capelli. Della serie: uomini, scordatevi le emozioni!
Malefica è un personaggio
interessante, forse la cattiva Disney più temibile. Elegante,
glaciale, fornita di un cupo sarcasmo, calmissima salvo esplodere in
temibili scoppi d'ira, si è scelta l'uccellaccio del malaugurio per
eccellenza come diletto e persegue la morte di una creatura tanto
buona e bella con crudele determinazione. Maleficent tenterà di
spiegare la vendetta nei confronti di re Stefano (una vendetta sentimentale, che originali!), qui semplicemente
intuiamo che è un po' offesa per il mancato invito: 'a sto giro
niente storie di invidia e gelosia. E' sicura di sé e tiene in
grande stima il suo potere, peccato che non siano
sponsorizzati come comportamenti da imitare: presuntuosa com'è,
doveva certo essere malvagia e bruciare all'inferno. Non è previsto
che, dal momento che megere e matrigne sono così potenti, possono
vivere felici e godere di quello che hanno. La cattiveria le
costringe ad arrovellarsi nel tentativo di eliminare le principesse,
sfigate come poche ma sempre infinitamente compassionevoli. O si è
delle povere fessacchiotte in perenne pericolo, oppure l'equilibrio
interiore è pura chimera
Filippo rende omaggio alla
neonata Aurora che è le già promessa e non può esimersi dallo
storcere il naso. Non so contare le volte in cui questa scenetta ha
affollato film e cartoni, generando sorrisi come fosse normale che un
maschietto trovi bruttini i neonati: immaginatevi una bambina al suo
posto. Le fatine, dal canto loro,
cadono in deliquio (zitelle eppure materne!) e ci
partono di doni. La prima cosa è che sia bella, poi ovviamente che
sappia cantare. Sfortuna vuole che Malefica interrompa Serenella prima
che possa esprimersi, chissà quale inutile melensaggine le avrebbe
propinato.
Il principe è il primo a cui
Disney fa la gentilezza di dare un nome, un giovanotto aitante e
allegro che viene dapprima attirato nel bosco dalla voce melodiosa di Aurora,
poi colpito dalla sua bellezza. Non serve altro a una donna, bimbe! Sempre sorridente e ottimista,
sarà forse perché il sesso con lui è stato generoso e gli ha
concesso di essere un maschio di potere, libero di sposare una
contadina come di combattere per l'amore dell'amata?
Classico eroe senza paura né difetto: non si abbandona allo sconforto neanche in catene, ha una riserva di coraggio e fiducia tale da affrontare la potentissima magia nera di Malefica. La forza dell'amore sconfigge anche la magia, quando capiterà a una ragazza di essere così scaltra e temeraria? Basta che Malefica mostri una lucetta verde ad Aurora perché quella la segua per le scale come una cretina. Un altro temibilissimo modello per le bambine, educate a una mentalità conformista: da dove pensate che arrivi l'eterno mito del principe azzurro, che resiste pure a quarant'anni suonati nell'immaginario di molte poverette?
Le fatine ricordano tre suore, ognuna con la sua caricatura: Flora ha l'autorità di una madre superiora, Fauna è una donnicciola ingenua senza polso e Serenella è quella burbera e polemica, sicuramente la più credibile e positiva delle tre: esprime spontaneamente i suoi sentimenti, contesta che Aurora debba sposarsi per forza ed è l'unica a mostrare l'ardore di affrontare Malefica. Tutto quello a cui pensa Fauna, invece, è badare alla piccola, commuoversi, intenerirsi e un altro infinito elenco di carinità e banalità retoriche. Degna di nota è la scena dei preparativi per il compleanno, dove Serenella esprime legittime perplessità sulle loro capacità di cucinare e confezionare il vestito, ma quelle sono convinte di riuscirci: in fondo, è un'attitudine naturale come la maternità! Fortunatamente, dimostrano alle spettatrici il contrario. Viene da chiedersi: passi il cucito, ma come sono sopravvissute sedici anni sfamando se stesse e una bambina? Con il servizio a domicilio del kebabbaro all'angolo?
Particolarmente stucchevole il sentimentalismo rancido della prossima
dipartita di Aurora, con quelle tre che piangono come fontane e
vorrebbero di nuovo vederla neonata (per crescerla di nuovo come sorda, cieca e scema, immagino). Tre povere sciocche, macchiette che
incarnano stereotipi classici della donna: la suorina troppo buona e
ingenua, la zitella autorevole, la cicciona sgraziata e petulante.
Tutt'e tre spasimano di voglia di maternità, si struggono di
tenerezza per la bimba e poi di preoccupazione per la giovane,
litigano come ragazzine capricciose e piangono tutte le loro lacrime.
Al di là della simpatia, sono modelli convenzionali e sciocchi che
non giovano a nessuno.
Infine, la principesse Aurora/Rosaspina, protagonista della vicenda eppure comparsa sullo schermo per sedici miserabili minuti. Costretta a una vita di sacrifici da un destino infame, bella, nobile eppure terribilmente sfortunata, cresciuta nella più completa ignoranza di sè e del mondo, non stupisce che si innamori in due minuti del primo bellimbusto che vede arrivare a cavallo. Oppressa dalle ansie delle fate senza neanche capirne il perchè, non vede l'ora di allontanarsi da casa e dare sfogo alle sue fantasie adolescenti. Ma il mondo esterno è
cattivo, sente ripetere come un monito, non sei in grado di difenderti da
sola! In effetti, se l'avete cresciuta nella bambagia, non potevate
aspettarvi un'amazzone.
Com'era prevedibile, apprendere
di punto in bianco che è una principessa, è promessa a un altro e
non vedrà più il giovane del bosco la dispera.
Ricordate un principe Disney
nella stessa situazione? Gli uomini, giovani o vecchi, hanno sempre
fatto quello che gli pareva, in nome di chissà quali nobili
principi. Filippo se ne infischia se il padre l'ha promesso a
qualcuno per unire i regni, comunica che si è innamorato di una
contadinella e lo pianta in asso con i suoi tormenti. E' lui a
decidere del suo futuro, facendogli pure notare che è il suo punto
di vista è sorpassato.
Ad Aurora non resta che sognare l'amore, quello vero, che non teme di aspettare. Come lo immagina? Alto, bello e romantico. Dio mio, questo si chiama pensare al di là degli schemi prestabiliti. Quando di lì a poco si
materializza, la diffidenza si lascia vincere da qualche strofa di una canzone d'amore e gli è già cascata tra le braccia. Vogliono forse dirci è legittimo farsi guidare dall'istinto che suggeriscono pochi minuti abbracciati per sapere di aver trovato un grande amore? Per poi venire fregate da un bruto che ci prende a cazzotti o un imbecille che non si rivela alla nostra altezza?
Tutta la produzione Disney
insiste con questo stereotipo: l'amore a prima vista supera gli
ostacoli più grandi e dura per sempre. Insegnare che una cotta
adolescenziale finisce in matrimonio è criminale, soprattutto se
consideriamo che i protagonisti sono a malapena maggiorenni. Ci
vorrebbe qualcuno che spiegasse ai bambini che il film ha i suoi
annetti, un messaggio sorpassato e amori improbabili che
difficilmente hanno coerenza con la realtà. Mi permetto di dubitare
dell'intelligenza e dell'emancipazione dei genitori.
Le bambine hanno il diritto di
sapere che è giusto che facciano tutte le esperienze di cui hanno
voglia e necessità per crescere e capire che tipo di persona e
relazione vogliono, perché scegliere da adolescenti è un suicidio.
E' difficile dire cosa vuoi per la vita, quando hai tutta la vita per
farti un'opinione.
Bisogna che le bambine sappiano
che una cotta, per quanto travolgente e intensa, è facilmente
destinata a rimanere tale e non è sano essere allevate a sognare il
matrimonio alla loro età, perché gli preclude la possibilità di
sognare un sacco di altre cose. E chi glielo insegna, i cartoni
animati dove una ragazza non sogna che la pagliacciata borghese del matrimonio?
Il cinema, la pubblicità, la
letteratura: modelli culturali responsabili di un'immaginario infantile becero, ipocrita e mendace, di una costruzione dell'identità infelice e poco consapevole. Chissà perchè il mondo pullula di donne che odiano sè stesse e il proprio sesso, per cui conta solo trovare un uomo e diventare madri, e di uomini convinti
che le ragazze debbano aspettarli virginali al calar della sera ed esprimere opinioni solo in cucina. Una recensione velenosa per un cartone espressione della fantasia patriarcale che ci porta lo stereotipo della giovane caramellata e semi-ritardata. Per non accennare all'insostenibile retorica del potere buono che trasforma frecce in fiori e olio bollente in arcobaleni, che elargisce canto e bellezza quando potrebbe pensare a intelligenza e autonomia. La solita dicotomia bello e buono/brutto e cattivo tanta cara a Disney non insegna a cogliere la complessità e le sfumature delle persone reali.
Approvo tutto, ma non solo per questa fiaba, anche per Cenerentola e la famosissima Bella e la Bestia. Niente di più bugiardo per noi donne. Stiamo attente!!!
RispondiEliminaGrazie mille (con un po' di ritardo!)
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