mercoledì 13 maggio 2015

Bambi

Nel primo dopoguerra Disney sforna il suo quinto classico, Bambi, ispirato al romanzo Bambi, la vita di un capriolo dell'austriaco Felix Salte. Bel film sulla natura e il mondo degli animali, la scoperta e l'iniziazione alla vita di un cucciolo.. Ma buon Dio quant'è noioso! Cosa non si fa per amore della scrittura. Il film affronta quei soliti tre, quattro temi capisaldi dei film Disney: la famiglia, la crescita del protagonista da cucciolo ad adulto, l'amore, il coraggio di fronte ai pericoli.


Torna dunque il tema della maternità e delle madri immolate all'altare del sacrificio: il film e la foresta sono piene di madri e tutte le specie animali ci vengono presentate come famiglie, cioè: la madre dietro ai suoi piccoli e il padre chissà dove. Giusto per mettere in chiaro un concetto fondamentale. E' la solita storia, i maschi in giri e le femmine accudenti: persino Bambi poco più che neonato se la spassa più della madre alla scoperta del bosco.
Del resto, lei è una delle originali delle copie disseminate per decenni di produzione: infinitamente paziente e amorevole, esiste solo in funzione del figlio e per salvarne la vita perde la sua. Il sacrificio materno per eccellenza non poteva mancare di commuovere.
E poi voglio aprire un altro capitolo sulle ciglia. Ma dico, qualcuno ha mai detto al buon vecchio Walt che le hanno anche i maschi, talvolta pure molto folte e seducenti? Macché:
in tutti i suoi cartoni, le ciglia sono uno dei tratti distintivi della femminilità e lo strumento principe della seduzione. Se Bambi le ha rade agli angoli degli occhi, la cerbiattina è tutta un fiorire di ciglia. Per quale oscuro motivo condizionare i bimbi con queste idiozie?
Solo la puzzola ha gli occhioni blu forniti di lunghe ciglia che sbatte con fare civettuolo, e infatti sulle prime non si intuisce a che genere appartenga. Non c'è da stupirsi che sia tra i tre amici quello più timido e meno virile.




L'incontro del cerbiatto con Feline lascia intuire controtendenze positive: lei si impone come esuberante e per nulla timida,mentre lui si rifugia tra le gambe della madre, anche se si indigna quando viene preso per fifone. L'esuberanza però non è carattere, è solo la vitalità dell'infanzia, difatti una volta adulti Bambi ha abbandonato ogni ritrosia per fare da ottimo sponsor alla figura maschile indomita, mentre Feline è una compagna fedele che si caccia continuamente nei guai e aspetta di essere salvata.
Naturalmente non poteva mancare la scena della contesa, con il maschio prepotente che si insinua tra Bambi e Feline, pretendendo di portarsela via come fosse di sua proprietà, mentre lei non può far altro che.. Invocare l'aiuto del suo eroe, nascondersi e tornare a cose risolte a strofinarsi contro di lui per riconoscenza. Sinistro, infine, il messaggio decisamente sorpassato dei personaggi Disney che incontrano una sola compagna o compagno e ci passano una vita, con la volontà subdola di condizionare il giovane pubblico in una fase della vita in cui si fanno le prime idee sul modello di coppia e familiare.
I due personaggi femminili, dunque, per quanto centrali nella vicenda, hanno un ruolo significativo solo in funzione del protagonista, una come madre e l'altra come compagna. Senza di lui, per cosa si sarebbero distinte? 



Anche la figura del padre merita qualche parola. Non dubito che in natura funzioni così, tant'è che quegli scemi della produzione all'epoca tennero in cattività una manciata di animali in studio per capirne il comportamento, ma non bisogno dimenticare il messaggio che questi cartoni lanciano al giovane pubblico, ignari di quanto sorpassato sia il film nei suoi modelli.
Tanto per cominciare, ancora prima di conoscerne l'identità Bambi rimane affascinato dall'autorità del padre; potevamo forse stupirci del fatto che il più saggio e coraggioso esemplare della foresta fosse un maschio? Se la mamma è la figura da cui Bambi è dipendente nei primi anni di vita e la sua perdita contribuisce a segnare l'inizio della crescita, è il padre a imporsi come esempio da seguire, dopo essere sparito per anni come se la cosa non lo riguardasse e riapparire solo quando il cerbiatto rimane solo e distrutto, per guidarlo verso l'età adulta. Del resto, nel finale, quando Bambi diventa a sua volta papà, è a scrutare le stelle col vecchio per non meglio precisati motivi, senza che tra i due ci sia un solo gesto d'affetto in un'ora e dieci di film. Per la serie: alla madre le coccole dell'infanzia, al padre gli insegnamenti di vita. Bella merda!
Questa presentazione di una madre amorevole e indispensabile solo nei primissimi anni di vita e un padre rigido e di vaga presenza non ha alcun senso come messaggio oggi, come non aveva sessant'anni fa.



Arriviamo a un tema che mi ha particolarmente irritata: il periodo del corteggiamento.
Qui le femmine sono disegnate come sciocche civette graziose, ovviamente artefici dell'innamoramento perché interessate esclusivamente all'amore e a piacere come conferma della loro sicurezza, mentre i maschi badano ai fatti loro e a non farsi rincitrullire: emblematico che il gufo metta in guardia i tre amici da un momento così cruciale e piacevole della loro vita perché la posta in gioco è altissima: la perdita della virilità, signori!
Sono sempre le prime ad avvistare l'esemplare e cominciare gli appostamenti, per poi attirare l'attenzione con uno show di risatine, canticchiamenti, mostra della mercanzia e amenità simili, a cui i maschi non sanno resistere per via della bagnacauda di ormoni in cui sono immersi. L'innamoramento e la seduzione vengono rappresentate come oneri per Bambi, Tamburino e Fiore perché li rendono ridicoli e vulnerabili, ora che è stato affibbiato loro anche un vocione profondo, e diventa fondamentale convincersi e spergiurare che la scamperanno, consapevoli dell'umiliazione che ne conseguirebbe. Alle femmine non importa diventare ridicole, e del resto il dibattito sull'argomento non viene affrontato: ci vengono presentate desiderose di conquistare un compagno per istinto, come unica ragione di vita: madri o fidanzate, torna la dicotomia Disney prevista per i ruoli femminili.
Non voglio negare che il corteggiamento preveda qualcosa di molto simile tra gli animali e i cerbiatti in particolare, ma l'aggiunta di questi comportamenti esclusivamente umani rischia di confondere le idee. Non è un caso che nelle stesso modo venga rappresentato il corteggiamento in tante storie di uomini e di donne.



Cinque anni dopo torno sul secondo film di Bambi, che cercai senza esito e che trovo in inglese: Bambi e il grande principe della foresta. Si tratta di un midquel che si svolge dopo la morte della madre e prima dell'età adulta, quando il padre deve prendersene cura.
Forse mi sarò ammorbidita in questo periodo, o più probabilmente anche la produzione Disney è sensibile a un'epoca che muta orientamenti, ma non ci sono stereotipi particolarmente antipatici o dannosi. Ho trovato il film molto piacevole e Bambi di una tenerezza capace di uccidermi (inutile citare i pianti, la mia reputazione mi precede).  
Certo, i valori familiari finiscono sempre per trionfare, del resto tutti i personaggi del film appartengono a una famiglia e con i suoi componenti si relazionano: da una gang di esemplari del bosco non mi aspettavo l'emancipazione di una principessa in fase di autodeterminazione.


Il papà di Bambi, oltre a essere di un'antipatia notevole, è un esempio di mascolinità tossica: un padre incapace di esprimere affetto a cui è stato insegnato solo a essere maschio, forte e principe della foresta. Questi sono i valori che vorrebbe trasmettere a Bambi, che invece gioca con gli amici e arretra di fronte ai pericoli come tutti i cuccioli (e i bambini). La rigidità e l'autorevolezza che gli impone il suo ruolo lo spinge a "castrare" i comportamenti infantili del figlio, vietandogli di abbandonarsi ai ricordi della madre ed esortandolo a sfidare le paure per comportarsi da principe. Chiaramente a Bambi del titolo reale non gliene importa un accidenti, ma vorrebbe soddisfare le aspettative del padre per guadagnarsi amore e stima. Lo sviluppo della storia gioca dunque su questo conflitto, che insegnerà al cerbiatto a comportarsi con coraggio e al principe come fare il papà. Insomma, non così male, in fondo..


Particolarmente idiota è la concezione (nel 2006, tra l'altro) di insistere sull'istinto materno in quanto dato biologico: "Il principe guida il branco, ai piccoli pensano le femmine" setenzia implacabile il cerbiatto adulto. E anche se la sua convinzione verrà disattesa dagli eventi, la naturale cura femminile per i cuccioli viene confermata da Mena, scelta dal gufo per occuparsi di Bambi, dal momento che sulle prime il padre lo reputa un caso disperato. L'istinto materno funziona anche se il figlio non è il tuo, pare voglia dirci questa storia, mentre se sei maschio è legittimo che tu non abbia voglia di occupartene perchè è un disonore per la tua specie: ma guarda un po' che bel messaggio!


I personaggi femminili hanno ruoli secondari, quindi grossi danni non possono farne: è il caso di Feline, su cui avevo detto peste e corna a proposito del primo film, che invece qui si limita a comparire in qualche scena, vivace come la ricordavo ma senza ambizioni di corteggiamento. Le sorelle di Tamburino, invece sono un branco di sciocchine. Su Mena non c'è granchè da dire: è un'aspirante mamma, definita da quest'aspetto e da nient'altro (non le viene lasciato altro spazio per farsi conoscere). Abbiamo giusto il tempo di assistere al suo sacrificio per salvare la vita di Bambi che, in quanto femmina e madre, ci aspettiamo tutti.


Un film gradevole, più tenero che simpatico, ma che mi ha sorpresa per la capacità di sciogliere tutta la ferocia con cui armo la tastiera in un mare di dolcezza.

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