Torniamo indietro ancora una volta: dopo
l’esordio sfolgorante della principessa amica dei nanetti, Walt Disney attinge
a un’altra fiaba popolare e molto celebre, quella del Collodi.
Siamo nel 1940, in Europa infuria la guerra
e c’è particolarmente bisogno di modelli positivi e coraggiosi, nonché di
morali affollate di moniti per il giovanissimo pubblico. I personaggi femminili in quest’opera sono quasi assenti. Non si sa nulla di un’eventuale compagna morta o mai incontrata di Geppetto, che forse per sopperire a questa solitudine si circonda di animali domestici e desidera tanto un figlio (è noto che Disney attinga a storie di disagi familiari o famiglie monoparentali).
Dunque non avrò che da analizzare Cleo, la pesciolina, e la fata turchina, entrambe figure positive: i cattivi della storia sono solo maschi.
Geppetto presenta Cleo a Pinocchio
chiedendogli subito non è graziosa?, ma altrettanto non fa con il gatto,
che viene presentato con il semplice nome, senza aggettivi. In effetti, il
pesciolino è molto grazioso, se si intende femminilizzato: ha le ciglia lunghe
e il rossetto, come una giovane donna. Era proprio necessario? Ovviamente è lei a spasimare per le attenzioni
di Figaro, e non viceversa; quello la ignora e le concede qualche leccata alla
boccia per piacere di Geppetto. E’ lui il peperino tra i due, quello libero di
mettere il broncio e fare il diavolo a quattro. Non a caso, la femmina è l’animale in gabbia, il maschio quello indipendente e girovago.
Più degli altri personaggi, Fata turchina ricorda un disegno, disegnata in base all’ideale fisico della donna dei tempi: capelli biondi, occhioni azzurri, un’espansione toracica notevole, un visino perfetto ed è l’immagine della bontà. C’era da aspettarsi che fosse una donna, modello di virtù, a insegnare buon senso e saggezza, così come nel paese dei balocchi non c’è l’ombra di bambine pronte a farsi tentare dalla distruzione e dal casino, dai sigari, dalla birra e dal biliardo: suppongo fossero a casa a imparare la docilità e l’abnegazione. E’ sempre una donna a essere legata all’aspetto magico e spirituale, invece Geppetto a quello concreto e semplice del legno che lavora. In altre parole: lui ha appreso questo talento, lei non ha aggiunto nulla alla sua predestinazione.
Quello della fata turchina, nonostante le apparenze, è un personaggio serio che insegna qualità come la coscienza, la riflessione, l’intelligenza, al pari del grillo. Quello che la svaluta è il relazionarsi solo con due personaggi: Pinocchio, che presta ascolto a quello che dice con l’innocenza di un bambino, e il grillo, che invece la considera una bambolina seducente ed è in funzione di questa seduzione che accetta a fare da coscienza a Pinocchio.
E allo stesso modo vede tutte le comparse femminili del film, dalle marionette di Geppetto e del mangiafuoco ai pesci del mare: corpi graziosi e occhiate maliziose. Sono i suoi tentativi di conquista o, al contrario, il suo imbarazzo a dar luogo ai momenti di comicità. Quelle compaiono sullo schermo solo in funzione dell’attenzione del grillo, nulla fanno e a nulla servono da sole.
Infine, un cenno sulla costruzione di Pinocchio: bambino credulone e ingenuo, calamita per i guai per innocenza e mai per cattiveria, ma anche ardito e coraggioso quando si tratta di salvare il babbo. Ecco: immaginate nei primi cinquant’anni della Disney una protagonista capace di arrivare a tanto? Alice, una delle poche che mostra di emanciparsi dal ritardo mentale e dalla salvezza del principe a cavallo, finisce ripiegata a piangere quando perde la strada e riesce a salvarsi da morte sicura solo quando si sveglia. Non è stata in grado di salvare la pelle a sé stessa, figuriamoci a un vecchio, un gatto, un pesce e un grillo dentro a una balena.
oltretutto lo smielato Disney ha trasformato nel cartone il monellaccio, l'archetipo che ci piace tanto, in uno sdolcinato marmocchio che non ha niente da insegnare per davvero a nessun bambino. Volete mettere con l'incisività di Collodi? Versione cartoon assolutamente melensa e pessima
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