Dopo una cura intensa di favole disneyane ci voleva un bel respiro profondo: io l'ho fatto dentro la cultura orientale dei film d'animazione e mi sono vista Kiki delivery service del 1989, mettendo così fine alle estenuanti insistenze del buon Silverio che me l'aveva consigliato :)
Ambientato nella Svezia degli anni '50, il cartone è una gioia per gli occhi, con più di quattromila colori e grande cura per i dettagli.
La piccola protagonista si chiama Kiki: per nulla stereotipata nell'aspetto, ma al contrario molto semplice, una volta tanto non è disegnata come una teenager, ma come la bambina che i suoi anni dimostrano. Kiki è una streghetta e quindi per lei è prevista la partenza da casa a 13 anni per stabilirsi in un'altra città e rendersi indipendente: un ottimo incipit di emancipazione, non vi sembra? E del resto lei non vede l'ora, non si lascia certo condizionare dal padre che aveva già prenotato l'attrezzatura per il campeggio.
I personaggi della Disney hanno puntualmente un sacco di problemi con i legami familiari: chi non li ha, chi li ha rinnegati, chi è stato rinnegato, chi non si pone il problema.
La bambina ha invece alle spalle una famiglia serena che le regala equilibrio: è dispiaciuta e un pochino preoccupata di vederla partire, ma la prepara e la incoraggia all'evento.
Non badare così tanto all'aspetto esteriore, quel che importa è l'anima: avete mai sentito una mamma Disney rivolgersi così alla figliola? E poi non dimenticare di sorridere sempre: questo mi piace meno, anche se si riferisce a un atteggiamento positivo, ma è una forzatura con cui troppo spesso si condizionano le ragazze, convinti che sia un valore aggiunto al loro fascino.
E non mi sono piaciuti neanche gli apprezzamenti che qua e là Kiki riceve: che strega carina, di nuovo la grazia che si lega necessariamente ai personaggi femminili, anche se qui ha più senso, considerata l'idea negativa di strega nell'immaginario collettivo.
Anche con il papà il rapporto è diretto e sincero, niente patriarchi nè figure autoritarie. Anzi, le figure con maggiore autorità nel film saranno femminili.
E così Kiki parte. Sembra qualcosa di assolutamente naturale per questa cultura: lasciare la famiglia a una così tenera età, doversela cavare da sola, partire senza la compagnia o il fine di un uomo, slegarsi dalla protezione paterna.
Partire per l'ignoto e volare (tenere lei la guida, non farsi portare da un tappeto che guida un tizio) la rende felice, i grandi spazi la fanno respirare.
Dove sono i grandi spazi delle giovani disneyane? Ariel nuotava in un oceano, e gli ha preferito uan vita rinchiusa a palazzo: Jasmine viveva da reclusa in un altro palazzo, e già il mercato le sembrava libertà; Biancaneve in una casetta lercia, Cenerentola ha lustrato per anni una casa per poi finire in un'altra; Belle si era rinchiusa addirittura in un castello pauroso (per poi rimanerci a vita quando ha scoperto che aveva tetti d'oro e domestici umani). Solo Alice ha percorso terre sconosciute, anche se chiuse nella dimensione di un sogno.
Allegra, ottimista, mi piace il grande entusiasmo che Kiki ha per tutto ciò che è nuovo, l'atteggiamento positivo, il non lasciarsi scoraggiare. Si relaziona con le persone in maniera naturale, sorridente, anche se non perde un po' di educazione e timidezza, ma non è mai diffidente, tranne con chi se lo merita: mi piace come si mostri seccata dal primo approccio di Tombo, il ragazzino occhialuto che poi diventerà un amico.
Parte di quell'entusiasmo però si brucia nell'incontro di tanta gente diffidente, una bella testata per una ragazzina fino a quel momento benvoluta da tutti.
Le crisi di Kiki sono infatti legate all'arrivo in città, la paura che genera volando, la chiusura della popolazione. Poi cominciare a mantenersi e rendersi indipendente: trovare una casa, un lavoro, farsi la spesa.
E infine la crisi, quando scopre di non riuscire più a volare e di non poter più comunicare con l'amico gatto Jiji. Particolarmente doloroso per me quel momento: è come se smettessero di essere amici per tornare bambina e animale. E' un distacco legato al passaggio alla vita adulta (c'è chi dice che fosse solo una voce che lei si era convinta di sentire durante l'infanzia).
L'arrivo di Kiki, d'altra parte. sconvolge tante vite: la vecchina che torna a usare il forno e si consola dell'arida nipote con l'affetto della bambina, Tombo che vede farsi più vicino il sogno di volare, la panettiera che trova aiuto e compagnia: è un piccolo miracolo.
Il rapporto con Tombo è emblematico: dopo lo sdegno inziale, capisce di potersi fidare e ne è incurosita, ma tanto lei si fa timida, si blocca, balbetta e sgrana gli occhioni, tanto lui diventa spontaneo e esuberante.
L'amicizia s'interrompe bruscamente quando lei rifiuta un viaggetto in macchina insieme ad altre amiche: gelosia, diritto di esclusiva o cosa?
Nel finale però è lei che salva l'amico da uno sfracello al suolo, tra molte difficoltà, ma ritrovando il suo talento per il volo: come un eroe maschile.
Superate le difficoltà, Kiki è pronta a vivere la città che l'aveva fatta innamorare fin dal primo momento.
I personaggi femminili son di gran lunga più numerosi degli altri e li ho trovati positivi sia nelle forme (la mamma di Kiki, la panettiera incinta, modelli in carne) che nelle attitudini personali (la mamma è una sorta di scienziata, l'altra gestisce un negozio). E' curioso notare come il fornaio non dica una sola parola per centotrentotto minuti.
L'oscar del miglior personaggio va all'amica artista di Kiki: estrosa, piena di talento, indipendente, vive da sola in una baita, fa l'autostop, è positiva e coraggiosa. Sostiene la bambina nei momenti di crisi e la aiuta a capire a fondo il valore della sua magia. Nemmeno lei, sebbene in un cartone Disney sarebbe stata in età per esserlo, è stereotipata nelle forme.
Non ci sono veri cattivi, ma solo figure antipatiche lungo il cammino (la streghetta superba, la ragazza noncurante dell'affetto di una dolcissima nonna): non è la solita struttura buoni vs cattivi, ma la storia originale di un percorso di indipendenza e crescita personale e femminile. Nota stonata: il film ovunque, tranne che in Giappone naturalmente, è distribuito dalla vecchia volpe Disney: mezzo: in questa versione a Kiki viene offerta della cioccolata calda e non del caffè, per evitare di indurre peccato nei piccoli spettatori.
Caffè no, modelli fisici e comportamentali devianti si!
W L'ORIENTE!
FONTI:
www.movieplayer.it/film/235/kiki-s-delivery-service/
www.studioghibliessential.it/film-kikisdeliveryservice.html
www.pellicolascaduta.it/wordpress/?p=997
it.wikipedia.org
Ambientato nella Svezia degli anni '50, il cartone è una gioia per gli occhi, con più di quattromila colori e grande cura per i dettagli.
La piccola protagonista si chiama Kiki: per nulla stereotipata nell'aspetto, ma al contrario molto semplice, una volta tanto non è disegnata come una teenager, ma come la bambina che i suoi anni dimostrano. Kiki è una streghetta e quindi per lei è prevista la partenza da casa a 13 anni per stabilirsi in un'altra città e rendersi indipendente: un ottimo incipit di emancipazione, non vi sembra? E del resto lei non vede l'ora, non si lascia certo condizionare dal padre che aveva già prenotato l'attrezzatura per il campeggio.
I personaggi della Disney hanno puntualmente un sacco di problemi con i legami familiari: chi non li ha, chi li ha rinnegati, chi è stato rinnegato, chi non si pone il problema.
La bambina ha invece alle spalle una famiglia serena che le regala equilibrio: è dispiaciuta e un pochino preoccupata di vederla partire, ma la prepara e la incoraggia all'evento.
Non badare così tanto all'aspetto esteriore, quel che importa è l'anima: avete mai sentito una mamma Disney rivolgersi così alla figliola? E poi non dimenticare di sorridere sempre: questo mi piace meno, anche se si riferisce a un atteggiamento positivo, ma è una forzatura con cui troppo spesso si condizionano le ragazze, convinti che sia un valore aggiunto al loro fascino.
E non mi sono piaciuti neanche gli apprezzamenti che qua e là Kiki riceve: che strega carina, di nuovo la grazia che si lega necessariamente ai personaggi femminili, anche se qui ha più senso, considerata l'idea negativa di strega nell'immaginario collettivo.
Anche con il papà il rapporto è diretto e sincero, niente patriarchi nè figure autoritarie. Anzi, le figure con maggiore autorità nel film saranno femminili.
E così Kiki parte. Sembra qualcosa di assolutamente naturale per questa cultura: lasciare la famiglia a una così tenera età, doversela cavare da sola, partire senza la compagnia o il fine di un uomo, slegarsi dalla protezione paterna.
Partire per l'ignoto e volare (tenere lei la guida, non farsi portare da un tappeto che guida un tizio) la rende felice, i grandi spazi la fanno respirare.
Dove sono i grandi spazi delle giovani disneyane? Ariel nuotava in un oceano, e gli ha preferito uan vita rinchiusa a palazzo: Jasmine viveva da reclusa in un altro palazzo, e già il mercato le sembrava libertà; Biancaneve in una casetta lercia, Cenerentola ha lustrato per anni una casa per poi finire in un'altra; Belle si era rinchiusa addirittura in un castello pauroso (per poi rimanerci a vita quando ha scoperto che aveva tetti d'oro e domestici umani). Solo Alice ha percorso terre sconosciute, anche se chiuse nella dimensione di un sogno.
Allegra, ottimista, mi piace il grande entusiasmo che Kiki ha per tutto ciò che è nuovo, l'atteggiamento positivo, il non lasciarsi scoraggiare. Si relaziona con le persone in maniera naturale, sorridente, anche se non perde un po' di educazione e timidezza, ma non è mai diffidente, tranne con chi se lo merita: mi piace come si mostri seccata dal primo approccio di Tombo, il ragazzino occhialuto che poi diventerà un amico.
Parte di quell'entusiasmo però si brucia nell'incontro di tanta gente diffidente, una bella testata per una ragazzina fino a quel momento benvoluta da tutti.
Le crisi di Kiki sono infatti legate all'arrivo in città, la paura che genera volando, la chiusura della popolazione. Poi cominciare a mantenersi e rendersi indipendente: trovare una casa, un lavoro, farsi la spesa.
E infine la crisi, quando scopre di non riuscire più a volare e di non poter più comunicare con l'amico gatto Jiji. Particolarmente doloroso per me quel momento: è come se smettessero di essere amici per tornare bambina e animale. E' un distacco legato al passaggio alla vita adulta (c'è chi dice che fosse solo una voce che lei si era convinta di sentire durante l'infanzia).
L'arrivo di Kiki, d'altra parte. sconvolge tante vite: la vecchina che torna a usare il forno e si consola dell'arida nipote con l'affetto della bambina, Tombo che vede farsi più vicino il sogno di volare, la panettiera che trova aiuto e compagnia: è un piccolo miracolo.
Il rapporto con Tombo è emblematico: dopo lo sdegno inziale, capisce di potersi fidare e ne è incurosita, ma tanto lei si fa timida, si blocca, balbetta e sgrana gli occhioni, tanto lui diventa spontaneo e esuberante.
L'amicizia s'interrompe bruscamente quando lei rifiuta un viaggetto in macchina insieme ad altre amiche: gelosia, diritto di esclusiva o cosa?
Nel finale però è lei che salva l'amico da uno sfracello al suolo, tra molte difficoltà, ma ritrovando il suo talento per il volo: come un eroe maschile.
Superate le difficoltà, Kiki è pronta a vivere la città che l'aveva fatta innamorare fin dal primo momento.
I personaggi femminili son di gran lunga più numerosi degli altri e li ho trovati positivi sia nelle forme (la mamma di Kiki, la panettiera incinta, modelli in carne) che nelle attitudini personali (la mamma è una sorta di scienziata, l'altra gestisce un negozio). E' curioso notare come il fornaio non dica una sola parola per centotrentotto minuti.
L'oscar del miglior personaggio va all'amica artista di Kiki: estrosa, piena di talento, indipendente, vive da sola in una baita, fa l'autostop, è positiva e coraggiosa. Sostiene la bambina nei momenti di crisi e la aiuta a capire a fondo il valore della sua magia. Nemmeno lei, sebbene in un cartone Disney sarebbe stata in età per esserlo, è stereotipata nelle forme.
Non ci sono veri cattivi, ma solo figure antipatiche lungo il cammino (la streghetta superba, la ragazza noncurante dell'affetto di una dolcissima nonna): non è la solita struttura buoni vs cattivi, ma la storia originale di un percorso di indipendenza e crescita personale e femminile. Nota stonata: il film ovunque, tranne che in Giappone naturalmente, è distribuito dalla vecchia volpe Disney: mezzo: in questa versione a Kiki viene offerta della cioccolata calda e non del caffè, per evitare di indurre peccato nei piccoli spettatori.
Caffè no, modelli fisici e comportamentali devianti si!
W L'ORIENTE!
FONTI:
www.movieplayer.it/film/235/kiki-s-delivery-service/
www.studioghibliessential.it/film-kikisdeliveryservice.html
www.pellicolascaduta.it/wordpress/?p=997
it.wikipedia.org
"E poi non dimenticare di sorridere sempre"
RispondiEliminadovrebbe essere un inno di tutti e,pur non avendo visto il film,spero che non sia una frase collegabile solo al femminile e alla graziosità di essere una donna carina,ma un atteggiamento positivo(come hai detto)nei riguardi delle avventure che la bimba deve affrontare.
Hai ragione, Nadia, in effetti è duplicemente interpretabile.
RispondiEliminaLa questione è che il cinema spesso non è così spudorato da far parlare i suoi personaggi così: "Sorridi sempre, che diventi più bella! Sorridi sempre, che sei una ragazza!".
Applicato al genere, è un condizionamento subdolo, a livello universale, per il genere umano, è uno stile di vita che entrambe cerchiamo di fare nostro!
Si,Simona.Ma questo cartone,grazie alla tua splendida analisi,mi è sembrato così positivo da non poter usare una così dolce frase per un secondo fine così subdolo.Poi,come ho detto,non ho visto il cartone e io sono troppo ingenua :D
RispondiEliminaIn effetti è un modello davvero positivo, concediamoci il beneficio del dubbio e basta!
RispondiEliminaSei sempre in tempo mia cara :)
SINCERAMENTE CREDO CHE CODESTA FRASE STIA A DIMOSTRARE SOLAMENTE L'EDUCAZIONE E LA FORMALITà PRESENTI NELLA CULTURA GIAPPONESE. COMUNQUE BELLA RECENSIONE DI UN BELLISSIMO CARTONE ANIMATO (ANCHE SE NON AI LIVELLI DE "La città incantata"). OSSEQUI.
RispondiEliminaSimò, respiro profondo dalle favole disneyane solo apparentemente dato che tutti i cartoni animati dello STUDIO GHIBLI sono distribuiti in tutto il mondo proprio dalla WALT DISNEY...giusto una precisazione! =P
RispondiEliminaSilver, l'esame l'ho dato, non sono più costretta all'educazione, perciò ossequiosamente vai al diavolo! :)
RispondiEliminaHai ragione sulla distribuzione, però ce l'ho scritto poi, guarda bene.
La cultura giapponese non la conosco abbastanza per sbugiardarti, quindi ti concedo il beneficio del dubbio.
Citta incantata coming soon!
Ammazza se sei stronza, prtoprio come ogni femminista che NON si rispetti; speriamo solo che tu sia crepata a suon di dosi del "magico" siero; TIE'!!!!
EliminaStrano che proprio questo cartone animato non l'abbia mai visto! Ero una patita dei cartoni animati! Per me i bambini nemmeno se ne accorgono degli stereotipi, tantomeno li imparano. Io infatti non ne ricordo neanche uno. I cartoni mi servivano solo come spunto nei miei giochi, infatti ripetevo le parole magiche e mi costruivo le bacchette magiche con il Lego.
RispondiEliminaPurtroppo sono convinta del contrario. Non ci si può rifare solo alla propria esperienza, serve uno sguardo più ampio
EliminaVaffaculo brutta racchia stronza!
EliminaVi ricordate invece cartoni come "L'incantevole Creamy" o "Jem e le Ologram"? C'è il maschio belloccio che piace alla protagonista ed è gelosa ed entra in competizione con se stessa, perché la ragazza bella e famosa è in realtà lei trasformata! Infatti da bambina mi chedevo: "Come fa ad essere gelosa di se stessa?" Che tristezza!
RispondiEliminamolto interessante questo blog. ho notato che si fanno molti salti temporali e ci si sofferma un po' di più sulle eroine anni '90, epoca in cui avevo l'età per farmi affascinare da quei cartoni,infatti non ho mai visto Mulan perchè ero già troppo grande. riflettendo più tardi su quelle storie e quei modelli mi sono resa conto che per Ariel, Belle e socie c'era un sogno, un'ambizione a differenza che per Cenerentola rivisto recentemente, tra l'altro con una brutale interruzione di Vespa che parla del diritto di essere bambini in relazione a due agghiaccianti casi di cronaca: eppure quel sogno s'interrompeva sempre, risultava sempre un po' stucchevole, imperfetto, tanto da farti dire: "e ora?". a proposito dei bellissimi cartoni dello studio ghibli è vero: le donne, spesso solo bambine, hanno diritto a qualcosa di meglio, ad un sogno vero. peccato però che questo non possa attribuirsi a gran parte dei cartoni animati giapponesi: non vorrei essere etichettata come bacchettona e moralista, ma è noto a tutti che le donne negli anime siano quasi sempre rappresentate come meri oggetti sessuali, talvolta anche essendo protagoniste delle storie in oggetto. da adulta ho potuto vedere e apprezzare interamente due serie animate: maison ikkoku (di fine anni '80, ma vista molto tempo dopo a 21 anni) e death note (vista nel 2009 a quasi 27). se ti interessa collaborazione per il blog sarei anche disposta a scriverne...altrimenti, in poche parole, segnalo le due figure femminili principali: la giovane vedova Kyoko, che gestisce una pensione e si innamora di un pensionante che ha scandalosamente 2 anni meno di lei ed è "senza una posizione"; Misa detta "misa misa", una sorta di pop star che veste come una "gothic lolita" ed è pronta a farsi sfruttare da colui che possiede, come lei, un potere mortale. si tratta in entrambi i casi di anime ben fatti e ben scritti, dove però campeggia una figura femminile desolante: c'è da dire che sono però rivolti ad un pubblico adulto o tardoadolescenziale, nonostante la maldestra importazione italiana
RispondiEliminaGrazie mille cara, sono d'accordo con te, in particolare per quanto riguarda le nudità giapponesi. Purtroppo l'ho mollato ormai da anni, ma queste richieste, anche lette ad anni di distanza, mi riempiono di gioia.
Eliminaciao sono sara della farfalla celeste lasciami la tua mail che ti mando la tesi, anzi, ti lascio la mia per prima saraviganozza@yahoo.it
RispondiEliminastupendo il tuo blog!smack!
che blog carino! il film non l'ho visto, ma mi ispira quindi penso che appena posso lo vedrò...è di Miyazaki vero? :)lo stile mi sembra il suo...
RispondiEliminaQuesti film fanno bene all'anima, con tutti gli stereotipi che ci vengono propinati un film come questo è davvero una boccata d'aria fresca!
E' suo, roba preziosa i suoi film ora che si è ritirato! ;)
EliminaRagazze, mi rendo conto solo dopo anni di aver ricevuto commenti, ma non passavo da qui da molto tempo! Grazie!
RispondiEliminaAuguriamoci solo che tu sia schiattata adesso; di un'integralista femmi-comunista isterica, paranoica e pure brutta come un cesso pubblico il mondo ne fa volentieri a meno.
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