Diventata adolescente, Melody, come è facile immaginare, adora nuotare nell'oceano ed è costretta a tenerlo nascosto ai genitori. Ancora una volta, al povero Sebastian viene chiesto di proteggerla.
Il pretesto che mette in moto la storia ricorda quello de La bella addormentata: la minaccia dell’antagonista alla neonata, oggetto dell’amore di tutti, spinge la famiglia a tenerla lontana dal pericolo, ma anche dalla vita. In questo modo la giovane, cresciuta come una reclusa, nutrirà una magnetica passione per tutto ciò che le è stato proibito. Analogamente, i meccanismi narrativi si ripetono identici: il pericolo, il tentativo di protezione dei genitori, la volontà di scoperta e di libertà della giovane protagonista. Insomma, 'na noia.
Interessante
il personaggio di Melody, se non altro l'unico femminile a suggerire un
certa positività: fortuna che a 12 anni è ancora presto per votarla a
un principe (oddio, con Wendy ci si era riusciti), il che le permette di
sviluppare altri aspetti della personalità non legati alla conquista di
un partner. Per esempio, è vitale, coraggiosa, ha un sano desiderio di
scoperta e i pericoli celati nell'immensità dell'oceano non la turbano
nemmeno un po'. Rispetto alla madre, che ricordiamo sognante, ingenua e
un po' timorosa, ha più carattere e il fatto di non essere cresciuta da
un padre possessivo e terrorizzante deve averla aiutata non poco.
Incoraggiante anche la rappresentazione del disagio che attraversa
perfino un'adolescente bella, ricca, spensierata, a cui sembra non
mancare nulla per essere felice, che invece scopriamo tormentarsi per i
conflitti e le insicurezze tipici di quel periodo: sentirsi diversa, non
essere accettata, vivere una profonda inadeguatezza. Questi sono gli
spunti educativi che voglio vedere in un film d'animazione del terzo
millennio.
Altrettanto
non si può dire per Ariel, il cui fine ultimo dopo l'amore diventa la
maternità, uno dei talloni d'Achille Disney: la stessa rappresentazione
da decenni, mai un elemento di modernità nella concezione di questa
esperienza femminile. Per quanto diverse tra loro, tutte le principesse
diventate protagoniste di sequel si omologano a un modello convenzionale
e limitante: devota e apprensiva, complice e amorevole, abbandona la
perpetua immagina di dolcezza e remissività solo quando le toccano la
prole. Della giovane donna, al di là del ruolo di mamma, non rimane
altro da dire.
Senza
contare l'insistenza sulla famiglia come destino naturale, realizzata
mostrando vecchi personaggi che ormai cresciuti hanno figliato..
Inesorabilmente, sembrerebbe.
Ho
trovato ricco di spunti il confronto tra Melody e Ariel: entrambe hanno
cercato di emanciparsi da figure eccessivamente protettive e
assecondare un vivace desiderio di conoscere mondi lontani e
inaccessibili. Se la madre però lo ha fatto nell'unico modo previsto da
Disney per una giovane donna, cioè il matrimonio, Melody sembra trovare
nel finale un compromesso per restare legata alla famiglia e al contempo
vivere la dimensione che l'affascina. Ho come l'impressione che sia
stata la volontà di creare un personaggio troppo giovane per innamorarsi
a liberarla da un destino già scritto. La lezione forse più importante
che Disney impara è non costringere la sua protagonista a rinunciare a
qualcosa, ma permetterle di godere del mondo a cui appartiene e di
quello che ha imparato ad amare.
Per
ultimo, qualche considerazione su Morgana, che per moltissimi versi
ricorda l'atteggiamento di Ursula: artefice di piani diabolici, piena di
rabbia e crudele ambizione, determinata a distruggere Tritone
danneggiando una bellissima giovane e soddisfando in questo modo il
sentimento femminile per eccellenza che caratterizza le cattive Disney:
l'invidia, motore propulsore di ogni storia. Non a caso, come abbiamo
già visto, la cattiveria va sempre di pari passo alla bruttezza, anche
quando l'antagonista è magra e ricorda Crudelia De Mon. In realtà, la
novità di questo personaggio finisce qui.
L'odio
che anima Morgana si muove a più latitudini: ce l'ha con Tritone perchè
ha ucciso la sorella e, come e più di lei, vuole conquistarne il potere
per distruggerlo; prova un antico rancore nei confronti della madre che
le preferiva Ursula; e infine, il suo piano le permette di sbarazzarsi
di un'erede al trono che le ricorda tutto quello che lei non è: giovane,
bella e potente.
Mi
sono tenuta il fondo per uno dei personaggi che più detesto, archetipo
di di oppressione patriarcale e pater familias. Non bastava aver
conosciuto Tritone come padre geloso e possessivo, è diventato un nonno
altrettanto protettivo che il film cerca di giustificare con le minacce
di una nuova antagonista. Sembra che le femmine della sua famiglia non
aspettino altro che cacciarsi nei guai (o volersi emancipare da una
dimensione che le limita) per vederlo scendere in campo contro le
perfide megere del mare. Qui abbiamo modo di scoprire un altro aspetto
del suo carattere: l'atteggiamento da padrone di fabbrica all'alba della
rivoluzione industriale nei confronti dei sudditi, da cui esige lo
strenuo sforzo quando i suoi affetti sono in pericolo, negandogli
persino il tempo di mangiare.
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