martedì 5 gennaio 2021

Il re leone

Negli anni '90 la casa di produzione americana ritrova l'ispirazione infilando un successo dietro l'altro. Il re leone, con due oscar e un Golden Globe, si rivela una vera consacrazione e rimane ad oggi il film d'animazione tradizionale di maggior incasso cinematografico nella storia.
Dal canto mio, devo fare una doverosa premessa: a me il film è antipatico e non farò nulla per nasconderlo. E' irritante il modo in cui si prende sul serio, mettendo in scena una drammaticità di ispirazione shakesperiana, non mi diverte e dopo i passi avanti di Belle costituisce un umiliante marcia indietro per i temi della parità. Insomma, sembra che quando le donne sono protagoniste siano tutti pronti a trovare pregi e difetti, ma quando i ruoli femminili sono minori o assenti, come in questo caso, l'analisi passa in secondo piano e tutti si sperticano in plausi alla grandezza dell'opera. 
 

Come giustamente fa notare il blog Feminist Disney, molta gente pensa che la rappresentazione che viene fatta della vita nella foresta, e di quella dei leoni in particolare, sia fedele, dunque ogni limite nella caratterizzazione e interazione dei personaggi possa essere giustificata da una semplice obiezione: “Ma è così che vivono gli animali!”. Vorrei fare notare che in natura i leoni non scelgono e non figliano con una sola compagna, la discendenza reale non esiste, quando diventa adulto il maschio lascia il branco e non fa più ritorno: solo alcuni esempi del largo impiego della fantasia nel film per descrivere la natura animale e giustificare così le espressioni del patriarcato, soprattutto considerando che lo stereotipo del re della foresta è alla base della storia. Ovviamente, è più difficile valutare personaggi antropomorfi, dovendo spiegare in che misura rappresentino comportamenti e dinamiche umane.
Il limite più grande del re leone è che non solo l’intera storia interessa quasi esclusivamente personaggi maschili, ma tutta la vicenda è vista dalla stessa prospettiva. Simba è il protagonista solo in quanto maschio: Nala non avrebbe potuto ereditare l’intero regno, avere diritto alla discendenza, affrontare l’onta dell’assassinio del padre. E' in questa chiave che si rivela l'incosistenza del suo personaggio.
Per quanto presentata come coraggiosa, sveglia, alla pari dell'amico, la giovane leonessa è una semplice spalla romantica. Alla sua storia non viene concesso nessuno spazio, si sa solo che è promessa a Simba e presumibilmente è la principessa della foresta. Chi sia e da dove venga non importa a nessuno.
Vogliamo poi renderci conto che è l’unico personaggio femminile a guadagnare più di pochi instanti sullo schermo? Timon, Pumba, Zuzu, Mufasa, Scar, Simba.. Per il resto, è solo una gara di testosterone. Si suppone che Shenzi sia la iena femmina, ma non c’è nulla a parte la voce che la caratterizzi in questo senso. Va ancora peggio a Sarabi e al suo rapporto con Simba, di cui non sappiamo nulla. Tutto lo spazio del rapporto genitoriale è dedicato a quello tra il cucciolo e il padre. 
 

E allora parliamone di questo rapporto padre-figlio. Dal mio punto di vista Mufasa non è modello sano di paternità, esattamente come non lo sono le madri proposte da Disney. E’ un altro dei maschi alfa del cinema di cui, abbondantemente superato il terzo millennio, cominciamo a stancarci: autoritario, privilegiato, forte, coraggioso, potente, costretto dal ruolo a nascondere i propri sentimenti, protettivo, capace di provvedere da solo alla famiglia. Nonostante l’esempio che dà a Simba è ricco di valori positivi, come onestà, equilibrio nella gestione del potere, forza morale invece di espressione di violenza, non può certo insegnargli a stabilire relazioni paritarie con le femmine e a esternare quello che prova: tutte cose che non gli appartengono. E' anche inutilmente perfetto al punto da rendersi poco credibile e clamorosamente noioso. Considerando che muore pure da eroe, come nella più classica delle rappresentazioni patriarcali, non è solo poco educativo, è anche insopportabile.
 

E l'influenza degli insegnamenti materni nel percorso di crescita di Simba? Non pervenuta. Le leonesse sono caratterizzate come madri, ma a parte mettere al mondo figli e fargli il bagno non hanno nessuno spazio, nessun peso nella storia nemmeno come tali.  E' al padre che spetta insegnargli come si diventa grandi, come ci si comporta, i valori da fare propri, i pericoli, le ambizioni future. Le madri non hanno niente da insegnare, lavano il culo. Punto. Del resto, anche con i figli adulti, il potere del loro branco è ridicolo: non ha nemmeno la forza di insorgere alla presa del regno da parte di Scar. Ma come? Un intero gruppo di personaggi femminili forti non è in grado di affrontare il suo oppressore? Dovrà tornare Simba perché diano man forte nel ribellarsi, e questo succede solo quando Scar è costretto a rivelare che è lui l’assassino di Mufasa, non quando sta per buttare l'avversario giù dalla rupe. Ma cosa aspettate, una spinta? Ah no, scusate, i ruoli tradizionali impongono che spetti solo a Simba affrontare e sconfiggere lo zio, i loro scontri sono esclusivi. 
 

Alla protagonista le cose non vanno meglio. Nonostante gli encomiabili sforzi per rappresentarla alla pari di Simba nel corso della loro infanzia, vale a dire intelligente, vivace, capace, coraggiosa, indipendente, perfino più matura di Simba nel valutare i pericoli, anche lei accetta il destino dettato da Scar, mostrando tutta la remissività e l’inconsistenza dei personaggi femminili Disney quando è richiesto il coraggio e la sicurezza di un leader. Quando i due amici si rincontrano adulti, il dialogo chiarisce al pubblico che lei è rimasta al suo posto, come ci si aspettava che facesse, sopportando con dolore una situazione inaccettabile, mentre lui è stato costretto a fuggire ma ha incontrato degli amici, ha imparato a cavarsela, ha intrapreso la sua strada, ha colto insomma l’opportunità di costruire la propria vita e nel frattempo divertirsi, opportunità che lei non poteva permettersi. Il compito di Nala è quello di ricordargli che in quanto re (e maschio) ha delle responsabilità, un ruolo e un grande destino che lo aspetta: tutte cose che non la riguardano. E' convinta sia necessario il suo ritorno per rimettere a posto le cose, serve un maschio per dare una lezione a Scar: in teoria perché l’unico a poterlo spodestare è un altro re, in pratica perché le femmine del branco pensano di non valere niente senza un leone (anche perché Scar non si arrenderà certo all’arrivo nel nipote, sarà necessario ucciderlo). Lei, le leonesse, Rafiki, fanno tutti pressione perché Simba prenda il posto del padre per prendersi cura e proteggere il suo branco. Il messsaggio è talmente chiaro da mortificare le spettatrici.
E’ vero che si fa riferimento ai comportamenti del mondo animale e ai meccanismi di un regno, ma quello che passa sono soprattutto le dinamiche e i ruoli di genere, ineluttabili perchè scritti nella genetica.
 

Per finire, un rapido accenno alle storie d'amore, grosso limite rispetto alla potenza espressiva del film. Diciamolo chiaramente: la rappresentazione dei sentimenti nel cinema d’animazione non ha nessun senso e Il re leone non fa eccezione. E' sempre imprevedibile, inspiegabile, si accende all’improvviso e dura tutta la vita. O due si incontrano per caso e si piacciono subito in maniera drammaticamente profonda, oppure si rincontrano dopo essere cresciuti insieme e dal nulla si innamorano. Ma che insegnamento è? 
 

Nessun commento:

Posta un commento