martedì 13 agosto 2024

Mulan


Il ricordo della prima volta che vidi il film è scolpito nella mia memoria: tornai a casa, mio fratello mi chiese come l'avevo trovato e scoppiai in lacrime. Mia madre, che ha l'innato dono di capire sempre cazzi per palazzi, annunciò con aria grave: dev'essere stato molto triste. Ma no, proruppi, sono completamente senza voce, ho la gola in fiamme!
E' forse l'ultimo lungometraggio Disney che vidi in età per farlo: per qualche motivo, smisi di seguire i successivi e alcuni li recuperai già abbondantemente adolescente, certo con uno spirito diverso. Ecco perché lo considero l'ultimo, vero classico Disney. Rivisto in treno per questa recensione, ho rischiato di esserne cacciata fuori a calci: ho riso per l'intera visione. Il mio approccio critico alla recensioni di genere non ha mai esulato dal considerare l'affetto che mi lega a questi film e il talento che esprimono. In questo caso, devo dire che Mulan è davvero spassoso, non c'è nulla da fare!
Ispirata a una leggenda cinese millenaria adattata alle tendenze ideologiche e culturali della fine degli anni novanta, la storia di Mulan è stata riadattata per quell'inspiegabile mania disneyana di far confluire il destino di ogni protagonista nell'immancabile storia d'amore. Nella versione leggendaria, tuttavia, di Shang non c'è traccia. 


Uno dei film più interessanti degli anni '90, che annovera, sulla scia di Pocahontas, una delle protagoniste più positive e moderne, facendo gridare i critici alla storia emancipata, al progresso compiuto rispetto alle colleghe sguattere di nanetti e sorellastre, e dando al pubblico il contentino sociale che i tempi rendevano necessario. Eppure è anche l'opera che più rappresenta la tematica dei ruoli sessuali e lo fa attingendo a manciate dei più biechi luoghi comuni.
Lo sforzo della protagonista, infatti, vera icona di modernità, combattiva e coraggiosa (ma pur sempre mossa da estremo altruismo e amore paterno) viene vanificato da una fiera di stereotipi sulla rappresentazione del conflitto tra maschile e femminile. 
Partiamo dal principio: la protagonista è una giovane donna, in fondo ancora ragazza, ma già papabile per il matrimonio, che vorrebbe rifiutare di sottomettersi alle aspettative della società circa il ruolo femminile, ma è terrorizzata di deludere le aspettative del padre, per cui stravede, a cui si ispira e per la cui stima si snatura. 
Molto poco a che fare la sua personalità con il modello di donna che la società vuole costruire, e che apprendiamo dalle canzoni dei primi venti minuti, quelli in cui Mulan si sforza di ingraziarsi una vecchia matrona per compiacere la famiglia. Il testo si rivela in tutta la sua sinistra conformazione di genere: 

"C’è un solo modo in cui potrai dare gioia a tutte noi
 Un uomo pur che sia di buona dinastia
 Gli uomini vogliono donne obbedienti ma che volino, educate e col del fisico
 I maschi in guerra e noi a casa a procrear
 Guarda loro con amore, sono belle e mute in gioventù, per noi tutte la virtù"


Come sappiamo, la ragazza, con il suo atteggiamento maldestro e spontaneo, fallisce platealmente la sua consacrazione come donna in grado di sottendere le aspettative della società cinese. La vergogna che prova nei confronti del padre è profonda: è lui quello che conta in famiglia; sui sentimenti che genera nella madre e nella nonna nemmeno si interroga. 
Quanto tutto questo sia insano Disney non teme di evidenziarlo, gongolante nel mostrare una società non occidentale che maltratta e snatura le donne. Sul fatto che l'emancipazione e la parità passino dal 
vestirsi e agire come un uomo per mostrare il proprio valore, però, ci viene qualche dubbio. 
Parrebbe che le sue principesse fin qui si siano mostrare del tutto inadatte alla sopravvivenza, sempre pronte a cacciarsi in qualche pasticcio, perché così esprimevano la propria bontà d'animo in contrasto alla perfidia delle cattive che le opprimevano: del resto, le donne astute e intelligenti erano sistemicamente negative. Ed ecco arriva Mulan, che come e più di Pocahontas si impone come un nuovo modello per le spettatrici: imbranata ma determinata, fallibile in imprese di poca importanza (dimostrare una femminilità stolida) ma capace di compierne di memorabili quando si tratta di cose che contano. E cos'è che conta per Mulan? Esprimersi lontano dalle aspettative familiari? Rinnegare i legami in nome della sua indipendenza? Viaggiare, combattere per la sua personale aspirazione, rompere lo status quo? 
No. Molto più prevedibilmente, salvare il culo al padre. E come? Diventa una figura attiva, ricoprendo un modello maschile che mantiene lo stereotipo: dimostra il suo valore mostrando caratteristiche e misurandosi in attività tipicamente maschili. 
La spinta all'emancipazione e alla crescita personale, dunque, distorce del tutto la nobiltà dell'intento. 
Del resto, è triste notare come per l'intera vicenda l'eroismo della protagonista è motivato dal sacrificio altrui: per il padre, per Shang, per la patria. 


Un altro tema forte della commedia sono le differenze di genere: la sua comicità  è in gran parte costruita sulla storia di una donna costretta a fingersi uomo, pur trovandoli disgustosi, e sulle difficoltà che incontrerà a rendersi credibile: in poche parole, sugli equivoci di genere.
Esempi in questo senso sono alcune battute molto significative. Mulan si lava nel fiume, commentando: "Solo perché somiglio a un uomo non significa che devo puzzare come un uomo". 
Yao si erge su una roccia nudo, mostrando il pene con fierezza e sfidando i compagni: "Mi dispiace, ma voi femminucce non potete farci niente".
In questo continuo conflitto tra i generi, basato su clichés privi di consistenza ma duri a morire, come la poca attitudine maschile alla cura del corpo, essere femmina è poco meno di un disonore agli occhi dei guerrieri e un limite per la protagonista, impegnata allo stremo a dimostrare che il genere a cui appartiene non la sfavorisce nella battaglia e non la rende più debole. Insomma, il concetto di femminilità non ne esce particolarmente bene. 
Aspetto più positivo è certamente mostrare come la dedizione e il sacrificio la riscattino agli occhi del suo capitano e che da donna possa portare valore all'esercito. D'altra parte, anche i suoi compagni devono passare attraverso la fase iniziale del fallimento, a dispetto di tutta la virilità che ostentano in quanto uomini. Il momento in cui tutti si confrontano con l'impreparazione fisica e mentale all'esercitazione è una rappresentazione onesta e divertente di uomini imbranati alle prese con un’attività tipicamente maschile e virilizzante come combattere.


In qualche modo, giocando sull'ironia del conflitto tra generi e relativi stereotipi associati, Disney cerca di invertire la rotta rispetto alle principesse tradizionali e abbracciare una tendenza pop del femminismo, che passa attraverso la rappresentazione di donne forti, combattive, indipendenti. 
Quello che lascia ancora perplesse, a un'analisi più profonda, è il fatto di ribadire che tutto il potenziale eroico che Mulan conquista nel corso della storia, facendosi il culo, affrontando umiliazioni e rischiando la vita, va perso con il ritorno a casa, a una quotidianità banale e mortificante per una leggendaria guerriera: essere finalmente vista dal padre, sperare che con Li Shang nasca qualcosa, servire la famiglia. E dire che l'imperatore le offre l'opportunità di una vita diversa, ma lei rinuncia alla carriera governativa per tornare da loro. 
Sembra contraddittorio che la morale di fondo affermi come aggrapparsi a posizioni sicure e rassicuranti non permetta di fare la differenza, ma solo mettendosi in gioco e rischiando in prima persona, fisicamente ed emotivamente, si può sperare di ottenere cambiamenti per la propria situazione personale e per quella della collettività.. E poi si rimangi tutto, relegando la protagonista forse con le potenzialità più grandi di chiunque altra, prima e dopo di lei, a stare a casa a guardare il pesco che sboccia. 
Senza contare che Mulan salva letteralmente il culo a tutti, sia nella battaglia contro l'esercito di Shan-Yu, sia in quella finale, e si aspetta comunque di venire insultata, emarginata, disprezzata: prima perché si scopre che è una donna (e qui il capitano può decidere se ucciderla o lasciarla in vita). poi quando distrugge il palazzo reale. 
L'attitudine all'umiltà, all'obbedienza e alla dipendenza ne fanno un'eroina che mostra alle bambine come puntare in alto, ma che alla fine rimanere ancorata agli affetti sia l'unica cosa che conta, a dispetto di tutte le imprese straordinarie che possano compiere: il posto di una donna è con la sua famiglia. 

sabato 29 luglio 2023

Il gobbo di Notre Dame

Solo un anno dopo il successo di Pocahontas, Disney sforna un altro film d'animazione che cerca di tenere il passo alla sensibilità sociale emersa alle soglie del nuovo millennio.
Bisogna riconoscergli il primato nel porre il tema della diversità e della discriminazione al centro della vicenda, introducendo un protagonista con disabilità fisica e una protagonista appartenente a una minoranza etnica perseguitata. In effetti, il film è cupo e si temette potesse angosciare il pubblico con temi seri quali l'antiziganismo, il genocidio, l'infanticidio e l'esclusione sociale; d'altra parte, essendo la fonte d'ispirazione il capolavoro di Victor Hugo, anche la scenografia non poteva che essere tetra, sebbene teatro di molte scene sia la splendida cattedrale gotica. Tuttavia
, io trovo sia proprio dai prodotti per l'infanzia che debba passare l'educazione alle tematiche sociali, come a suo modo aveva fatto Pocahontas e faranno altri film d'animazione fino a oggi. Per la metà degli anni '90, del resto, il messaggio ha una sua importanza. 
Va notato che, come Aladdin era un ragazzo mediorientale dalla fisionomia caucasica, Quasimodo somiglia più a un francese che non a sua madre, quasi che una bella ragazza rom potesse pure andare, ma non l'eroe anticonvenzionale che già deve far accettare la sua diversità.. 
Va lodato, in ogni caso, il tentativo di introdurre un eroe romantico lontano dai soliti principi, belli e valorosi. Certo è che farli innamorare sembrava davvero troppo, tant'è che le hanno affiancato un soldato biondo e valoroso, più simile ai classici protagonisti maschili.


Ho apprezzato la modernità e un certo grado di emancipazione in Esmeralda: indipendente e scaltra, capace di sensibilità non stucchevole, non legata a nessun uomo o a un destino d'amore. La prima idea che trasmette è quella di libertà (sconvolgente, no?). 
Più problematico, purtroppo, il rapporto con il corpo che l'intero cast maschile ha con la ragazza: Quasimodo se ne innamora, Febo idem, Frollo, in quanto personaggio negativo, la detesta e la razzializza, ma la vuole anche possedere sessualmente: "Distruggi Esmeralda oppure falla diventare mia!". Il desiderio culturalmente maschile di annientare donne che non si piegano al controllo viene, grazie a Dio, attribuito a un personaggio negativo, perché la volontà è quella di mostrare che quelli positivi le amano: un modo alternativo di volerle tutte per sé, per annullare la loro libertà di fare esperienza della vita e del mondo. Del resto, questa dinamica perversa non è nuova: anche ne Il ritorno di Jafar, Jasmine diventa la sua schiava e coniuga desiderio sessuale e sottomissione, servendolo in abiti sexy.


Il problema di questa altrimenti fantastica protagonista è un motivo che ritorna identico a sé stesso e che non abbandona la costruzione dei personaggi nemmeno oggi: l'idea che la protagonista vada associata a un corpo desiderabile. Tutto quello che la rende interessante, le conferisce personalità e la definisce come persona è secondario alla sua bellezza, e lo prova il fatto che è l'avvenenza a cui gli uomini cedono con l'eterno amore. Trattandosi di una ragazza con un'attitudine tanto libera e avventurosa, è un vero peccato.
Ho trovato anche retorico e patetico, per quanto nobile, il passaggio in cui gli amici gargoyle cercano di infondere fiducia in Quasimodo, ricordandogli quanto vale al di là del suo aspetto e di come la sua personalità possa conquistare Esmeralda (raro che questi incoraggiamenti siano destinati a una ragazza); poco dopo la sua speranza viene affondata dall'arrivo di Esmeralda che porta in spalla Febo, ferito dai soldati di Frollo, e assiste impotente alla nascita di un sentimento tra i due. 


Piuttosto che intenerire, l'insicurezza di uomini timidi che si vedono oscurati da rivali con cui sentono di non poter competere è una dinamica talmente peculiare della costruzione dell'identità maschile, in cui il valore è confermato dalla virilità e dalla capacità di conquista, che rivela la tossicità che il film reca a esempio. Nonostante la morte nel cuore, l'amore che il campanaro prova per Esmeralda le fa promettere che si prenderà cura di Febo, scena questa che muove a empatia e compassione gli spettatori. Quando però Frollo gli rivela che la mattina seguente attaccherà il nascondiglio della comunità rom e Febo gli chiede di difenderla insieme, lui si giustifica con la fedeltà al padrone, ma è agli amici che racconta la verità: si sente tradito dalla scelta di Esmeralda e lascerà che sia lui a salvarla. Buon Dio, menomale che l'amore tira fuori il meglio delle persone!
Gli aspetti più meschini e sgradevoli del protagonista sono nascosti sotto una pesante mano di trucco: la diversità fisica, la profonda sensibilità, il sentimento che lo convince con grande generosità a lasciare che Esmeralda scelga chi ama senza risentimento. Quello che la storia ci nasconde è che a far evolvere il personaggio, a spingerlo a conquistare un coraggio che non gli è mai appartenuto è l'amore per una ragazza che a stento conosce e di cui si innamora perché è bellissima ed è, del resto, l'unica che abbia mai visto nella sua vita. Ancora una volta, un messaggio tossico da sottoporre a un giovane pubblico.


Nel finale, dopo che per tutto il film il coraggio ha caratterizzato la ragazza e la vigliaccheria il protagonista, Esmeralda perde i sensi ed è qui che Quasimodo può riappropriarsi del classico ruolo maschile: quello dell'eroe che salva la principessa. Durante la fase più emozionante ed elettrizzante del film, dall'assalto alla chiesa allo scontro a due con Frollo, Esmeralda sonnecchia su un letto, per poi farsi portare a spalletta da Quasimodo e fallire persino il tentativo di salvarlo dal vuoto: sarà Febo, un altro uomo, a trarlo in salvo. 
Chiude tra i sorrisi e le lacrime l'ineluttabilità dell'unione tra la bella ragazza e il biondo soldato, che Quasimodo accetta come legittima: l'ennesima conferma che l'amore nelle storie per bambini passi solo dai corpi conformi (ciò detto, ovviamente ho pianto).

sabato 18 marzo 2023

Pocahontas

Sapevo che fosse l'unico film Disney tratto da una storia vera, ma la ricordavo più deprimente, alla Indro Montanelli: un inglese colonizzatore che rapisce una ragazzina per portarla nel nuovo mondo. Ebbene, non andò così male: in effetti, come nel film, Pocahontas fu davvero in grado di fermare l'esecuzione di John Smith e far dialogare i due popoli, ma venne in seguito venduta agli inglese e sposò John Rolfe, si convertì e adottò un nome inglese.. Non so quanto consapevolmente, fatto sta che quando tutto cominciò aveva solo dodici anni (e il sequel del film segue e romanticizza l'avventura inglese della protagonista.


Per una volta che, devo ammettere, gli stereotipi di genere sono trascurabili rispetto al cambio di passo nella rappresentazione femminile, le polemiche riguardano invece gli stereotipi razziali che mortificano gli indiani d'America e ne danno, come spesso succede, un'immagine fuorviante, inesatta e negativa. 
Ma partiamo invece con quanto mi ha convinta di un grande classico disneyano (per cui ricordo agli esordi di questo blog un grande hype).
Quello che posso notare circa la rappresentazione dei nativi americani è che, se in Aladdin Jafar aveva la pelle più scura e i tratti meno caucasici dei personaggi positivi, qui sono i bianchi civilizzati a interpretare i cattivi.
Pocahontas è un personaggio femminile finalmente libero che si muove un in grandi spazi aperti e non è prigioniera di incantesimi e dell'apprensione di nessuno: prima di lei, solo le femmine di animali hanno avuto questa fortuna. Malgrado ciò, manca di nuovo una figura materna in sintonia con i desideri della figlia, al suo posto il solito padre protettivo e severo che la vuole destinare a un matrimonio di convenienza perché il ragazzo gli sembra un buon partito. Del resto, quando le principesse Disney si innamorano di loro iniziativa vengono ostacolate, come Ariel e Pocahontas.


John rappresenta invece il rapporto moderno e paritario tra uomo e donna: non c'è mai volontà di proteggerla,  metterla da parte o fare mansplaning da parte sua. Il padre e l'aspirante fidanzato sono invece depositari di un rapporto tradizionale basato sui ruoli di genere, in cui il matrimonio viene combinato senza amore e senza gioia, e la donna è libera fintanto che non ci sono pericoli in giro, altrimenti ogni sua iniziativa porta solo guai. 
E infatti, la protagonista può esprimersi senza vincoli fino alla minaccia della guerra: all'arrivo degli inglesi, Kocoum e Capo Powhathan la vorrebbero costretta in casa; quando poi il ragazzo muore, il padre la incolpa: se non avesse avuto quest'ambizione di scoperta e conoscenza, il promesso sposo non si sarebbe sentito in dovere di proteggerla e non avrebbe lottato con John Smith.
In questa visione, dunque, i maschi della sua tribù hanno il dovere di proteggere Pocahontas senza che nessuno glielo chieda, ma se succede qualcosa la colpa è sempre sua: non c'è mai un'analisi sulla necessità di intervenire e impedirle di autodeterminarsi. Questo in effetti rispecchia anche la cultura dei popoli tradizionali nei confronti delle donne, anche se può essere interpretato come uno stereotipo razzista dipingere il nativo americano come maschilista e l'inglese come progressista. 
Il senso di colpa che la protagonista prova dopo la condanna a morte di John e l'uccisione di Kocoum è il prodotto di una dinamica che spinge le donne ad assumersi responsabilità che non sono le loro: chi ha chiesto all'indiano di farle da guardiano e di aggredire l'inglese? E' stata lei a sparare o il soldato? Non ha deciso John di essere lì con lei e assumersi il rischio di farlo? La serie di eventi che porta la situazione a precipitare è responsabilità di tre uomini diversi, eppure è Pocahontas a sentirsi colpevole, tanto che non cerca di difendersi quando il padre la accusa: le avevano detto di stare a casa


D'altra parte, anche John Smith ha molto da imparare grazie alla nuova amica: la sua sicurezza di rappresentare il progresso e la civiltà rispetto al popolo che vuole colonizzare è messa in crisi da ciò che la principessa gli mostra: la nonviolenza, il rifiuto della guerra, la convivenza armoniosa con la madre terra (è il primo messaggio ecologista in Disney). Un moderno uomo bianco rieducato dall'esponente di una cultura primitiva a vivere senza distruggere e usurpare? Non male per una casa di produzione famosa per le polemiche su razzismo e sessismo!
In effetti, è insolito per Disney condannare il colonialismo e mostrare personaggi bianchi come depositari arroganti di un'ignoranza nociva e problematica. Tuttavia, lo è anche rappresentare questa prepotenza nel solo governatore Ratcliffe, e caratterizzare il resto della spedizione come una manica di giovanotti inconsapevoli ma disposti a cambiare. 
Insomma, a mio parere Pocahontas rappresenta una svolta significativa verso la realizzazione di film più in sintonia con la sensibilità del pubblico: una protagonista libera e matura nonostante la giovane età, in grado di capire cos'è giusto e lottare a dispetto dell'amore che la lega alla sua tribù. Rappresenta il ponte tra due culture e un simbolo di pace che ha la forza di influenzare due popoli che conoscono solo la guerra come mezzo per affermare la propria legittimità e la propria forza. Del resto, è anche l'unico personaggio femminile: l'amica Nakoma è la sua copia sbiadita che, esitante e timorosa, manca di coraggio e rivela a Kocoum dove trovarla (un altro espediente per dare la colpa a una donna). 



Il secondo film, Viaggio nel nuovo mondo, perde la sua forza innovatrice e si appiattisce sull'incontro con John Rolfe, il futuro sposo inglese. La storia si concentra sulla trasformazione di Pocahontas in un'elegante dama dagli abiti stupendi e sulla contesa tra Smith e Rolfe per il suo amore: dinamica tipica di Disney, per niente originale e che soprattutto non lascia spazio a evoluzioni sui ruoli di genere. 

mercoledì 13 aprile 2022

Il re leone 2- Il regno di Simba

Già il primo episodio, film preferito di molti, mi faceva storcere il naso allora, figuriamo il sequel adesso, una grande delusione di genere. Al di là di una storia piuttosto noiosa e poco divertente, problema comune ai sequel Disney, un commento sintetico della rappresentazione femminile sarebbe: se è negativa conta qualcosa, altrimenti non hanno nessuna influenza sulla storia. Al contrario, la controparte maschile ha personaggi secondari positivi, come Zazu, Rafiki, Timon e Pumba. 
Il fatto che la vicenda si focalizzi sulla nuova erede delle terre del branco, l'esuberante Kiara, è una truffa: il protagonista effettivo è ancora una volta Simba, al punto che il sottotitolo originale del film è "L'orgoglio di Simba", come se la figlia fosse un'estensione paterna e non un personaggio indipendente.
Lo sviluppo, oltre a tentare Morfeo, è basato su meccanismi e sviluppi prevedibili, scontati e irritanti: la protezione paterna, già esasperante nel primo episodio, diventa patologica in presenza di una femmina;
l’amicizia e in seguito l'amore tra i figli di due famiglie in guerra riesce a riportare la pace. A confronto con la complessità dei temi affrontati dai lungometraggi d’animazione contemporanei, siamo a cospetto della fiera delle banalità
 

Grazie al cielo, dal momento che si tratta di animali in spazi aperti, i personaggi femminili non sono chiusi in gabbia o in un castello, e viste le premesse è già qualcosa. Kiara ha degli aspetti interessanti, come la fame di scoperta e la curiosità  che animava anche il padre da giovane. Tuttavia è talmente aperta al mondo, positiva e giocherollona da rasentare la scemenza. Del resto, non è solo colpa sua: Simba, seppur ci sia passato, è un despota della peggiore specie, giustificato esclusivamente da un amore possessivo e opprimente che mette l'ansia. Proprio perchè è cara e buona, ma soprattutto femmina e dunque priva di emozioni negative, la leoncina manca del tutto di autonomia e libertà, ma non è in grado di ribellarsi. Il padre le si rivolge come se non contasse nulla (in effetti, l'idea era quella) e lo si nota in modo particolare nella scena in cui ferma i rispettivi genitori pronti a scontrarsi, sentendosi rispondere "Silenzio, fatti da parte". Anche una volta diventata adulta, le manca del tutto la consapevolezza di avere diritto a delle libertà. 
 
 
Se il protagonista del primo episodio ha potuto fare con uno strappo doloroso un percorso di indipendenza e maturazione, per poi tornare ad affrontare Scar che l’aveva costretto a lasciare il branco, questa fase per Kiara manca del tutto: vive con i genitori finchè non rincontra Kovu, la cui amicizia era stata ostacolata, capisce di esserene innamorata, si scontra (si fa per dire) con il padre per prendere la sua strada e forma una famiglia sua. L'amore è di nuovo il motore e la funzione della protagonista, che la fa evolvere e maturare. E' solo per lui che è disposta ad affrontare la durezza del padre e la crudeltà del branco nemico, senza neanche considerare di poter fare qualcosa per sè stessa. E' per Kovu che si decide (sempre con dolcezza, si intende) ad affrontare le ingiustizie di Simba, prima per amicizia e poi per amore, ma mai per difendere le sue scelte e il suo percorso di vita. 
 

Vale la pena anche soffermarsi sulle parole con cui Kiara riesce a spegnere i conflitti tra le famiglie, invitando alla pace e alla convivenza: affermazioni lodevoli, ma anche tipiche di una mediazione femminile che vuole le donne naturalmente contro la violenza, anche quando sono animali e l'istinto le guiderebbe allo scontro. Non pare un caso che ne Il re leone assistessimo al conflitto tra due maschi e qui, dove una dei due avversari è femmina, si ricorra a una soluzione da tarallucci e vino.
 

mercoledì 23 marzo 2022

Aladdin e il re dei ladri

Il focus del film del 1996 è il rapporto del protagonista con il padre mai conosciuto e la ricerca delle sue radici, dunque della sua identità: tema complesso e importante, al contrario di quello che coinvolse Jasmine nel primo episodio, impegnata a dibattersi tra un matrimonio forzato e la bellezza che ne faceva una preda maschile. Liquidata la funziona romantica del suo personaggio, la principessa qui ha un ruolo particolarmente marginale, limitandosi ad attendere pazientemente che il promesso sposo espleti le sue formalità prima di coronare il sogno di ogni ragazza Disney.. Il matrimonio e l'amore eterno. 
Non a caso c'è lei assieme al genio nelle scene di comiche che riempiono i tempi morti delle trama principale, e menomale che la vediamo prendersi la soddisfazione di tirare un pugno durante la rissa con i quaranta ladroni!


Al contrario delle protagonista, che nel rapporto con il sultano viveva una fase di ribellione adolescenziale, contro un padre che rifiutava di concederle la minima autonomia, Aladdin e Cassim si relazionano da pari, da adulti artefici del proprio destino: il padre certo non si sognerebbe di dirgli cosa fare. Secondo tradizione maschile, il suo valore di uomo e di conseguenza di figlio viene dimostrato con una sfida di forza e sopravvivenza. Il re dei ladri cede dietro alle provocazioni dei furfanti, che lo accusano di debolezza e femminilità, un affronto alla sua virilità a cui non può che rispondere sacrificando il figlio. Chissà quando riusciremo a fare passare il messaggio che l'emotività e la sensibilità non sono emozioni maschili di cui vergognarsi? 


Il rapporto padre-figlio è ricco di battute e momenti giocosi, ma anche di conflitti tra persone con vissuti e valori differenti, senza particolari rapporti di dominio. Tutto ciò tra Jasmine e il sultano era impensabile nel primo episodio come lo è anche qui: a parte effusioni e gioia per il matrimonio, la loro relazione è inesistente, soprattutto perchè ormai lei è passata nelle mani del suo sposo. 
Così come non immaginiamo la principessa dichiarare con sicurezza "Lo libererò io, le guardie non se ne accorgeranno neanche", come fa Aladdin rivolto a Cassim, decidendo a salvargli la vita per salutarlo l'ultima volta. 
Dopo il matrimonio fallito all'inizio del film, la scena è presa esclusivamente dai personaggi maschili, anche perchè la controparte femminile scarseggia. Jasmine torna a farsi vedere per le nozze finali, vale a dire l'unico momento in cui conta qualcosa, e per consigliare il fidanzato con la classica frase da femmina naturalmente incline alla compassione: "E' sempre tuo padre.. " (nonostante l'abbia ignorato per una vita e sia un delinquente senza scrupoli).
 
 
L'ultima osservazione riguarda il differente ruolo sociale del genitore: vi figurate una madre che in un film Disney, dopo aver ritrovato il figlio ormai ventenne, decide di ripartire per seguire la sua attitudine all'avventura? Forse sì, a costo di disprezzo e ostracismo profondo. Eppure ci sembra perfettamente normale che il re dei ladri decida di lasciare Agraba in compagnia di Iago per riprendere le sue scorribande, sapendo che il figlio, ormai adulto, ha già trovato la sua strada.

mercoledì 22 settembre 2021

Il ritorno di Jafar

Cartone che non rivedevo da una vita, me lo sono immensamente goduto e mi ha divertita. Annoto per fedeltà ai dettagli che l'ho cercato sul web invano, pure in lingua originale che mi ha scartavetrata, per poi ricordarmi che io scrocco Disney +..
Jasmine, poraccia, fa la solita misera figura: se nel primo si atteggiava da ragazza indipendente (con poca credibilità) e aveva una sua influenza nella storia perchè era la posta in gioco, qui la coppia è bella che formata e lei fa solamente da insulso contorno.
Il focus del film è il rapporto tra Aladdin e Iago, che dovrà riscattare la sua reputazione di traditore. Per il resto la principessa che fa? Ammicca, ogni tanto si arrabbia e lancia occhiate di fuoco, ma tutto si risolve in fuffa: anche quando il fidanzato le mente ancora una volta, basta una canzoncina del pappagallo contro l'amore perchè lei si renda conto di quanto lo ami e lo perdoni all'istante, zittendo Aladdin che voleva fornire spiegazioni. Naturalmente la canzone sull'amore non poteva che ammansirla, in quanto donna.. Quale ragazzo prenderebbe sul serio un personaggio simile?
A parte Raja, unico altro personaggio femminile che, guarda un po', non parla, Jasmine è in mezzo a una manica di uccelli. Personaggi con la propria complessità, tonti come il sultano, divertenti come il genio, cinici ma genuini come Jago, bravi ragazzi pronti a passare all'azione come Aladdin. E invece niente, lei rappresenta metà della popolazione con la profondità di uno stagno e il carisma dei pioppi morti. In altre parole, non conta un cazzo ma è l'unica a dimostrare a Iago la sua riconoscenza baciandolo, nel caso ci fosse bisogno di ricordare la naturale attitudine femminile alle smancerie. Del resto, non pare un caso che quando Genio necessita di un'assistente per operare Iago, trasformi Abù in un'infermiera con tanto di ciglia finte, cosa che la scimmia prende come un affronto alla sua virilità da primate. 
Quando il sultano viene rapito e Jasmine avrebbe l'occasione della vita per dimostrare che è lei quella titolata a prendere in mano la situazione, non fosse che per discendenza, combinazione la rapiscono ma hanno la delicatezza di incatenare tutti i buoni al muro per non ricadere nel cliché della principessa da salvare. Jafar le risparmia le molestie del primo episodio, ma ci tiene a lasciare intendere che dalla sua disponibilità dipenderà la vita del padre. Soliti ricatti che la confinano a donna-oggetto.
Per una volta non sarà infatti l'eroe a pensare a lei, dal momento che rischia la decapitazione. Una volta salvato da Genio, eccolo prendere in mano la situazione e guidare il gruppo che coeso cerca di riconquistare la lampada. 
Le battute finali della principessa che non si scoraggia se il fidanzato vuole andare a vedere il mondo ma intende seguirlo (per interesse o per stargli a fianco? Chissà) tentano di restituire a un personaggio inutile un minimo di dignità, nonostante Iago non sappia inventarsi di meglio che definirla adorabile.
Mi sembra chiaro che Jasmine fosse dannosa nel '92 e lo rimanga ancora qui, senza conoscere grandi twist of plot o evoluzione: un corpo oggettificato sessualmente e un dannoso modello di bellezza da proporre alle spettatrici, ma soprattutto una dimostrazione che le ragazze nelle avventure non contano niente e sono vuote come il deserto dei tartari. 
 
N.B: piccolo appunto finale. Cercando immagini di Jasmine relative a questo film, ricorrono continuamente quelle del primo episodio dove lei seduce Jafar per distrarlo: la bella e casta principessa che cambia pelle per otto secondi, indossando quella di una bomba di sesso. Tutto molto sano, of course..

venerdì 6 agosto 2021

L'incantesimo del lago

Nel '94, anno di consacrazione de Il re leone, la Crest animation productions, casa di produzione californiana, si mette in testa di competere con Disney e partorisce un lungometraggio ispirato al lago dei cigni, dalla trama prevedibilmente molto classica: un principe innamorato, una principessa prigioniera, un malvagio usurpatore del trono.. La Crest Animation non ebbe grandi fortune con le produzioni successive, ma il film si impose come uno dei classici anni '90. Da bambina lo adoravo, oggi lo rivedo con affetto, ridendo a battute che ricordavo perfettamente, ma la storia si rivela debole e la rappresentazione di genere un disastro: alle soglie del 2000 non glielo si può perdonare, difatti invecchierà presto e male a confronto con cartoni successivi solo di qualche anno. Ma andiamo con ordine.
 

Re Guglielmo è afflitto perchè non nascono eredi al trono. La voce fuori campo ci informa che "Poi, per fortuna, nacque una bambina.. ". Ah, interessante: è spuntata da un cavolfiore o vogliamo dire qualcosa della regina? Non se ne parla mai, tanto più che la condizione del re viene comparata con quella della vedova regina Uberta.
Re Guglielmo e la regina Uberta, madre di un bimbo qualche anno più grande di Odette (non sia mai fosse il contrario), capiscono presto che un matrimonio combinato può salvare il culo a entrambi i regni e forzano i figli, primi bambini e poi giovani, a frequentarsi, sperando si innamorino. Un piano dalla resa garantita! Grazie a Dio la narrazione evidenzia la demenza di un simile progetto (peraltro, che genitore abietto sei se anteponi i tuoi interessi economici ai desideri della tua prole?) e il disagio dei ragazzi che non si sopportano, giacchè non hanno scelto di essere amici, figuriamoci piacersi. Odette è una ragazzina vivace che non esita a esprimere sentimenti negativi e non teme di vendicarsi dei dispetti di Derek e dell'amichetto sfigato (naturalmente grasso). Notare che le angherie e l'esclusione dalle attività maschili che i due riservano all'amica vengono fatte passare come normali tappe di un rapporto maschio-femmina durante la giovinezza, non c'è nessun accenno a una problematicità sistemica.
 
 
L'istant love che scoppia tra i due quando si rivedono dopo l'ultima estate, alle soglie dei vent'anni, è una vera pagliacciata e mette in crisi l'intera costruzione di trama: semplicemente non funziona. Ma poi cosa dovrebbe essere successo in una fottuta estate? Decidono di concedersi un ballo, sollevati che le orrende trasformazioni della pubertà siano alle spalle e danzano promettendosi di donarsi il cuore.. Siamo seri: nel 1994 ancora queste idiozie?
Fortuna che Odette rinsavisce e chiede che altro veda in lei oltre alla bellezza, guadagnandosi la disapprovazione del padre che intuisce che la figlia chieda un sentimento più solido a un'unione per la vita, ma non gliene frega un cazzo, vuole unire i regni. 
L'epilogo è ancora più assurdo: alla pessima ma onesta risposta di Derek, "Che altro c'è", tutti capiscono che il matrimonio non s'ha da fare e si arrendono. Cioè, hai passato anni e anni a costringerli a vedersi e molli il colpo perchè il loro abbaglio non va oltre a una reciproca attrazione? E cosa ti aspettavi, dal momento che si sono sempre detestati? Figli maschi?
Derek a questo punto tenta miseramente di recuperare la manifestazione del suo "sentimento", dichiarando di non riuscire a spiegare cosa prova, ma di volerlo dimostrare. Molto comodo evitare di analizzare la profondità del proprio amore con una romantica confusione di fondo.. Che non dimostra assolutamente nulla. 
 
 
Saranno gli imprevisti in agguato a dargliene l'occasione quando l'antagonista, lo stregone Rothbart, eterno nemico del re (con i suoi validi motivi, del resto) si vendica sul suo bene più prezioso, la figlia. Classico meccanismo da fiaba che mi fa incazzare perchè vede le donne come merce di rappresaglia ed esseri indifesi che subiscono destini crudeli, come Aurora ne La bella addormentata e Ariel de La sirenetta. In realtà la beffa ai danni della ragazza è doppia perchè rappresenta anche il mezzo tramite cui Rothbart può impossessarsi del regno del padre, dal momento che mentre la tiene progioniera cercherà di convincerla a sposarlo. Insomma, Odette è molto cose a uso e consumo degli uomini, tranne un essere umano con una personalità, bisogni e desideri. 
Dunque re Guglielmo muore, Odette sparisce e Derek non si dà pace per ritrovarla. Sono sconvolta dall'originalità del pretesto narrativo che costituisce il motore della storia.. La giovane conosce un gruppetto di animali parlanti che diventeranno presto suoi amici, tra cui un vanitoso e buffo ranocchio che fa di tutto per ottenere un bacio e trasformarsi in principe, senza nessuna cura per le intenzioni della principessa. Ancora una volta, è una creatura a disposizione degli scopi altrui, disegnata per dispensare baci, unire regni, permettere all'eroe di dimostrare il suo valore in battaglia e il suo amore per lei (ma provare a farlo riconoscendo la sua l'autodeterminazione, magari?). 
In mezzo a questo casino è comprensibile che Odette, poveraccia, si aggrappi al ricordo di Derek, l'unica persona che le sia rimasta (interessante notare come sia passata dalle cure del padre a quelle, seppur immaginate, del fidanzato, come nella più ancestrale delle tradizioni): doveva proprio rimanere vittima di un incantesimo per capire di amarlo a sua volta.. Per mancanza di alternative. Quando di notte ti trasformi in cigno e sei costretto a vagare intorno a un lago, persino l'amico delle vacanze ti sembra l'unico uomo che tu possa amare.
 
 
Il film allunga parecchio il brodo, ma in soldoni Derek trova Odette e per rompere l'incantesimo deve provare il suo amore al mondo intero.. La trovata si commenta da sola. E' tanto scemo da organizzare un gran ballo e fare un giuramento di amore eterno alla ragazza sbagliata, l'aiutante dello stregone (prevedibilmente brutta e vecchia): d'accordo che Rothbart l'ha resa identica alla principessa, ma se l'ami tanto com'è che non ti accorgi che è completamente un'altra persona? Alla morte di Odette segue la più prevedibile delle sfide tra l'antagonista e l'eroe, che rafforza l'immaginario del maschio che conquista in battaglia ogni gloria e si appresta a rompere l'incantesimo con il bacio del vero amore. E menomale che la principessa non aspetta addormentata in un letto o in un bara, come eroine di disneyana memoria, ma la dimostrazione del vero amore è un messaggio totalmente inconsistente da trasmettere ai bambini: anche nel finale tutto cuore, quando il principe dichiara a un' Odette più di qua che di là il suo amore incondizionato e lei risorge come l'araba fenicia, la morale evidente è che sono solo parole e lui non ha fatto nulla per liberarla davvero, per renderla indipendente, forte, in grado di scegliere cosa preferisce. L'amore di Odette è mediato dalla disperazione e non sarà certo un ragazzo che vi salva, bambine, a far nascere un sentimento profondo come l'amore, tutt'al più possiamo chiamarla riconoscenza. O ricatto morale. Ma poi, una donna avrà il diritto di essere libera anche se non si rassegna a trovare in un uomo il suo scopo di vita? Quando potrà salvarsi da sola, dimostrando il suo valore come un eroe? 
Tiriamo le somme di questo tragico e iellato personaggio: non ha nessuna influenza sulla storia, ma nemmeno alcun potere sulla sua sua vita: prima obbligata a sposarsi senza poter scegliere, poi a vivere isolata e vittima di un crudele incantesimo e infine salvata per rinchiudersi in un matrimonio. Dite la verità, non vi viene un filino di sconforto a immaginare un destino analogo? Ma poi la morale quale sarebbe? Meglio accontentarsi di chi hai per le mani, potrebbe andare peggio e rimpiangerlo? Dubito Odette avrebbe scelto Derek, se avesse avuto una vita più umana.
 

Dedichiamo qualche commento finale ai personaggi secondari, come la Regina Uberta: una sovrana dal potere del tutto ininfluente, perchè l'unica decisione in cui la vediamo coinvolta è quella del matrimonio. Per il resto, prende il the, organizza sfilate di bellezza e fa il labbrino tremulo al figlio che scoraggia il ballo. E questo sarebbe il potere esercitato dalla massima autorità di un regno? Il re Guglielmo, nei pochi minuti in cui rimane in vita, mostra più autorevolezza e potere decisionale.
 

In secondo luogo, i personaggi spalla,, quelli che fanno ridere e danno una mano al protagonista nella sua missione, sono tutti maschili, qui come nei film Disney: Timon & Pumba, Flunder & Sebastian, Puffin, Freccia & Jeanbob.. Forse il messaggio è che le femmine non sono divertenti e devono offrirsi esclusivamente come vittime sacrificali e misere controparti romantiche. Lusinghiero.
Sarebbe interessante, del resto, un giorno lontano, sperare in un antieroe grasso e goffo che invece di evidenziare la perfezione del belloccio di turno viva le avventure e l'amore della storia.. Per Shrek, purtroppo, è ancora presto.
Insomma, un cartone a cui sono legata e che rivedo con gli occhi spietati della femminista che sono oggi: un fallimento, un'offesa all'indipendenza delle donne e uno scoraggiante monito a quelle di domani. E' tutto nelle parole che chiudono la vicenda: Odette che, dopo essere scampata a una breve vita di merda, cerca agghiaccianti rassicurazioni nell'amato, chiedendogli: "Mi amerai, Derek? Per tutta la vita?". Oh segnù, ci manca solo il live action.